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Editoriali Politica

Amministrative Agrigento: fra “gettonopoli” e malcostume, agrigentini aprite gli occhi

mani_sulla_cittàAncora una volta Agrigento. Anche nella famosa trasmissione di La7, “La Gabbia” la città dei Templi è stata oggetto di un servizio giornalistico riguardante il cosiddetto caso “gettonopoli”.

A una settimana dal voto per il rinnovo dell’amministrazione comunale, continua infatti a far parlare lo scandalo che ha portato alle dimissioni in massa dei consiglieri comunali che oggi, senza alcuna remora, tentano di accedere nuovamente ad “Aula Sollano”.

Sono infatti 20 gli uscenti che si ripropongono nuovamente nonostante la bufera mediatica che li ha coinvolti, affibbiandoli l’aggettivo di “spreconi”. Ben 1133 commissioni consiliari nel solo anno 2014: a conti fatti tre volte al giorno, tutti i giorni, compresi Natale, Pasqua e Ferragosto.
Solo dieci dei trenta consiglieri uscenti hanno preferito non ricandidarsi e preferire così di allontanarsi dalla politica comunale almeno per questa tornata.
Per carità, non vogliamo fare di tutta l’erba un fascio; fra queste venti ex consiglieri che si ripropongono vi saranno sicuramente persone perbene che hanno lavorato per la città, ma “gettonopoli” ha il merito di aprire una riflessione più ampia sul contesto sociale e culturale in cui vive Agrigento.

“Gettonopoli” è infatti solo uno dei tanti aspetti che inquina questa strana campagna elettorale. Il dato più inquietante è quello che vede molti dei candidati al consiglio comunale, ex e non, condurre una campagna elettorale proponendosi non con le proprie idee e i propri programmi, ma tenendo stretto fra le mano un manuale. E non parliamo di quei manuali che insegnano cosa è l’arte della politica o come affrontare i tanti problemi di una città al collasso. Stiamo parlando del più noto “manuale Cencelli”. Con quest’ultimo si fa riferimento alla spartizione di incarichi basata su interessi politici limitati e di corrente anziché sul merito, alla lotta politica tra le correnti, alla lottizzazione e all’esasperata proporzionalità nell’assegnazione del potere. Una pratica che sembra essere perfettamente conosciuta da molti degli aspiranti consiglieri comunali.

Un grido d’allarme lanciato anche da don Carmelo Petrone, che in un editoriale su “L’Amico del Popolo”, denuncia la pratica di ottenere voti in cambio di posti lavoro. Un’usanza quasi consolidata per Agrigento, dove le elezioni si trasformano in un vero e proprio ufficio di collocamento. Politici, o pseudo tali, che per accattivarsi la simpatia e qualche voto dell’ultima ora, alimentano speranze di quei poveri elettori ignari di un bluff alle loro spalle. Speranze, che sono solo il sintomo più vivo di un disagio sociale che oramai ha raggiunto limiti di intolleranza comune.

Ed è su questo che gli agrigentini devono riflettere. Il voto “libero” e “incondizionato” è l’arma più forte per debellare un sistema che oggi ha portato Agrigento ad essere ultima fra le città d’Italia.

Francescochristian Schembri
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