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Nella “barca di sale” la Sicilia di Pippo Sicari

copertina-libro-giuseppe-sicari-la-barca-del-saleEssere amico di Pippo Sicari (in foto in basso a destra) è uno di quei privilegi che la vita ti regala. Abbiamo tanti terreni comuni: il giornalismo, l’università, i libri, la Sicilia, Licata e Capo d’Orlando, città che amiamo entrambi.

A Licata ha trovato l’amore della sua vita, la sua meravigliosa moglie Mariella Montana, Dirigente Scolastica con cui ha avuto cinque figli Francesco, Paolo, Giorgio, Giovanni e Andrea (quest’ultimo ha seguito le sue orme, è giornalista in una importante tv nazionale). Un uomo di immensa cultura, generoso nel donarsi agli altri. Lo ha fatto per tanti anni come Capo Redattore della Rai, una piccola parentesi a Mediaset e nei libri che ha scritto, pieni del suo essere siciliano, curioso e rigoroso nella narrazione.

Da pochi giorni è arrivato in libreria l’ultimo romanzo “La Barca del Sale” (Edizioni Pungitopo).
Dopo Bengodi, Macondo e Cuccagna, ecco un paese immaginario (ma non troppo): Castel Rinaldo. Giuseppe Sicari, Pippo per gli amici ha scelto questo luogo, più reale che immaginario, come teatro delle sue storie, anche esse immaginarie (ma non troppo), storie sospese nel tempo e dal sapore di favola, anche se con forti connotazioni di vissuto.

L’atmosfera di Castel Rinaldo ricorda molto la Sicilia: la suggestione è stimolata non soltanto dalle vicende e dai personaggi, ma anche dall’incorreggibile vezzo del nostro autore di ricorrere a forme lessicali tipiche dell’Isola. Le storie si sviluppano con ritmo serrato e coinvolgente, e qui viene fuori la stoffa mai sgualcita del grande giornalista, secondo i collaudati canoni delle affabulazioni popolari. Hanno ora un andamento epico, ora di una pantomima, ora di una rappresentazione dell’opera dei pupi, ma sono sempre accompagnate da una pungente e sorniona ironia che tutto sdrammatizza e tutto riduce a un sorriso, a volte anche amaro.

giuseppe-sicariNella post fazione c’è una sorta di confessione dell’autore: “Ne avevo cominciato la stesura nella Primavera del 2015, dopo un severo intervento chirurgico e la successiva, stressante chemioterapia. Alla fine di quell’anno, poi, un micidiale virus si è insediato nel mio notebook, distruggendone tutti i file. Fra una tac e l’altra, fra un day hospital e l’altro, ho faticosamente ricostruito il brogliaccio, aiutandomi con qualche appunto che avevo casualmente conservato. Estate del 2017: mentre mi accingo ad allestire per il mio editore il pro – manuscripto, ecco un’altra invasione di virus informatici. Questa volta, però, li ho fregati con l’aiuto di una provvidenziale pen drive sulla quale avevo registrato tutto. A scanso di ulteriori inconvenienti, mi astengo dunque, dalle previste rifiniture e licenzio il testo così com’è”.

Vi confesso che la prima volta che mi disse di dargli del tu mi sono sentito in imbarazzo. Una volta tra giornalisti ci si rispettava ed un mio vecchio Capo dello Sport, Mario Pasta, al Giornale di Sicilia, mi spiegò: “il tu rende tutto più semplice”. E così ci sono riuscito. Ma quando lui parla pendo dalle sue labbra. Così come quando leggo i suoi libri rimango incantato per la sua capacità di scrittura didascalica, puntuale e scorrevole.

Ieri l’ho sentito al telefono. E spero presto di presentare insieme a lui questo suo ultimo lavoro magari a Capo d’Orlando o a Licata. Per sentirlo ancora una volta narrare una storia piena di storie. Il mio amico, Giuseppe Sicari è nato a Capo d’Orlando ma vive a Roma da tantissimi anni. È stato caporedattore del Tg1 e per otto anni ha insegnato Comunicazione radiotelevisiva presso la prestigiosa Università della Tuscia. Ha pubblicato saggi e opere di narrativa: Cognomi e soprannomi fra Capo e Naso (2005, Gelsomina di Sicilia (2006), Il Santo Marrano (2010), Il tempio perduto (2011) La kippà di Esculapio (2012), Le isole vagabonde (2013).

Tutti belli e incredibilmente interessanti. Come la sua carriera giornalistica e la sua capacità di tradurre pagine di un romanzo quello che ha visto, studiato, vissuto. Un marito ed un padre eccezionale. Nonostante i tanti anni di televisione e i tanti successi, anche come conduttore di rubriche di approfondimento culturale seguitissimo come Prisma, non ha perso mai una dote straordinaria: l’umiltà. Ieri siamo stati un po’ al telefono. E risentirlo è stata energia pura. In bocca al lupo Pippo per questa nuova avventura editoriale. Ancora una volta sarà una conferma del tuo talento. Hai concluso la post fazione scrivendo: “A ogni modo, io la mia parte l’ho fatta”. Noi, tuoi affezionati lettori, faremo la nostra.

Francesco Pira