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Editoriali Italia Lavoro

1° Maggio: giorno dedicato alla commemorazione del lavoro

lavoroIl 1° Maggio come il due novembre. In entrambi i casi si ricorda tristemente qualcosa: i cari estinti, e l’atteso agognato e mai arrivato definitivamente posto di lavoro.

Se prima bastava fare i bravi sui libri, conquistare un pezzo di carta per avere più change, adesso i giovani e non più giovani, giocano a fare gli eterni studenti accumulando “titoli” che “potrebbero servire un domani per un concorso…”. Chiaramente le frasi in virgolettato sono puramente fantascientifiche. Non ci illudiamo, la regione ha posto il blocco delle assunzioni, con il Jobs Act sono sparite quelle “oasi/miraggi” dei contratti a progetto, ergo non ci resta che aspettare che i fortunati impiegati vadano in pensione (peccato che è stata innalzata l’età pensionabile) o inventarsi qualcosa.
L’unica ancora di salvezza è diventata, appunto, quella di fare leva sul proprio ingegno. Ciò che dà speranza è che a volte, fortunatamente, si sentono storie di ordinaria intraprendenza da parte di quella “generazione perduta” che per Hemingway era composta da quei giovani che, raggiunta la maggiore età durante la prima guerra mondiale, erano pronti ad andare in trincea.

Il Financial Times, invece, indica con il termine generazione perduta chi si è laureato dal 2008 ad oggi e che si è ritrovato ad entrare nel mondo del lavoro in piena crisi finanziaria. Non si parla solo dei giovanissimi, ma di tutta la fascia di età che arriva oltre trent’anni. Con cosa ci si scontra quotidianamente? Con la difficoltà a trovare un lavoro per cui si venga retribuiti, con contratti brevissimi, uno stipendio da fame ma soprattutto senza alcun tipo di certezza.
Ma come mai in questi anni, la nuova mandata dei giovani dei trentenni si è così tanto data da fare, arrabattandosi in situazioni nelle quali quelle precedenti non si sono mai trovate?

La lost generation combatte ogni giorno una battaglia impari contro la crisi del sistema e del lavoro e con un mercato che mantiene di fatto poltrone contratti solo per pochi. In un clima senza speranza, sono in molti a fare la valigia cercare per fortuna ovunque ma non in Italia: una delle mete preferite Londra che, nell’ultimo anno è stata presa di mira un po’ come l’America nei primi del novecento.
Camerieri, gelatai, commessi tutto va bene purché si faccia lontano dal nostro paese. Ma se da una parte c’è una vera e propria fuga di giovani menti all’estero, dall’altra stanno iniziando a nascere modelli positivi di coraggiosa imprenditorialità da seguire.

Diverse, fortunatamente, sono le storie in cui si mescolano tradizione innovazione e che raccontano la passione e l’impegno ma soprattutto il coraggio ritrovato ad impegnarsi per il proprio futuro. Al centro di tutto sta la voglia di non lasciare il proprio paese e l’ultimo tentativo verso un riscatto alla faccia di chi fugge oltre confine.
A chi non avesse possibilità economiche anche per azzardare un minimo investimento per il proprio avvenire, non resta che ringraziare vivamente chi giornalmente non crede nel futuro, non crede nei giovani e non crede nel proprio Paese ma lo “governa”.

Marcella Lattuca
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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