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Cultura

Agrigento: Diritto di sangue–Rovescio di sangue, all’ex carcere San Vito la mostra di Marina Sagona

Diritto di sangue–Rovescio di sangue è il titolo della mostra di Marina Sagona, a cura di Teresa Fiore, inaugurata lo scorso 31 ottobre, all’ex carcere San Vito di Agrigento ( fino al 29 novembre). Si tratta di un evento incluso nel progetto SPONDE, all’interno di Agrigento Capitale della Cultura 2025, con il sostegno del Ministero della Cultura, della Fondazione Agrigento Capitale, della Regione Siciliana, del Comune di Agrigento, e dell’Inserra Chair in Italian and Italian American Studies presso la Montclair State University, con l’ospitalità di Farm Cultural Park, e con la collaborazione della Caritas di AgrigentoScaro Local Impact.

 

Il progetto video di Sagona, realizzato con sottotitoli di Anna Camilleri e Ian Richard, raccoglie storie di migrazione da e verso l’Italia, mentre la serie di opere “Passport 2019” riflette sulla naturalizzazione e sul legame tra lavoro, identità e riconoscimento.
Il Diritto di Sangue, o Ius Sanguinis, è la legge per cui chi ha un po’ di sangue italiano nelle vene può diventare un/a cittadino/a del nostro paese. Anche se non parla la lingua, se non ne conosce la cultura, se non è mai stato/a in Italia. Il Rovescio di Sangue è l’esatto contrario: è il lavoro che deve fare chi quel sangue non ce l’ha per diventare Italiano/a, anche se parla la lingua, se conosce le regole del nostro paese, se ci vive da quando è nato/a. Questo progetto video racconta storie di migrazione di stranieri/e verso l’Italia e di discendenti italiani/e all’estero alla ricerca della cittadinanza italiana, mentre sullo sfondo illustra con 14 stampe l’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione legata al lavoro, da parte di un’italiana all’estero, la stessa artista Marina Sagona, che racconta: “Mi hanno chiesto che cosa mi piacerebbe che venisse ricordato della mostra. Ho risposto: le voci e le storie di persone che nella quotidianità non capita facilmente di incontrare e ascoltare, ma che sono storie sorprendenti e fonte di ispirazione. L’idea della mostra è nata nel 2018, data della mia naturalizzazione americana. Sono arrivata negli Stati Uniti nel 1995 e nel 2017, dopo 22 anni, ho preso il passaporto. Ho cominciato, così, a ragionare su questo documento, sull’identità e su quanti pezzi ci vogliono per fare un’identità. Pensavo che il passaporto sarebbe stato il tassello finale di un puzzle. Invece ha riaperto completamente tutto, perché  l’identità non sono altro che sistemi in movimento”.

Il tema della cittadinanza italiana continua a essere discusso in Italia (si veda il recente referendum all’interno di un dibattito pluriennale sulla riforma della legge in direzione più inclusiva, che però resta arenato) e anche all’estero (si veda il recente decreto legge n. 36/2025 che d’ora in poi limiterà, ma solo numericamente, l’accesso alla cittadinanza). Come rilevato dalle pubblicazioni della studiosa Teresa Fiore, caratterizzati da un approccio circolare, l’impostazione di fondo della legge resta invariata. Esclude chi è parte attiva della società italiana e però senza cittadinanza resta meno tutelato, e invece abbraccia chi desidera la cittadinanza, per quanto legittimamente, come un piacere personale o un simbolo astratto. Le recenti scelte politiche di limitazione all’estero sono più dettate da gestione logistica che da principi civili, mentre quelle confermate di restrizione in Italia sono il riflesso di una società che continua a non riconoscere la sua crescente diversità culturale, linguistica, etnica e razziale. Ironicamente, proprio quella diversità così tipica dei paesi dove gli italiani sono emigrati e nel tempo hanno avuto il riconoscimento della cittadinanza per naturalizzazione legata al lavoro, come spiega Teresa Fiore: “Mi occupo di emigrazione italiana all’estero ed immigrazione straniera in Italia da circa tre decenni. C’è un piccolo aneddoto che voglio condividere; insegnando ai miei studenti le regole della cittadinanza italiana, essi rimangono spesso dispiaciuti dalle storie dei loro coetanei della seconda generazione, figli di immigrati, che non hanno diritti. Sono immigrati legali perchè hanno il permesso di soggiorno, ma hanno tantissime restrizioni, come, per esempio, il diritto di voto. I miei studenti americani scoprono tutto questo e rimangono sorpresi da questo meccanismo che esclude chi fa già parte della società. Alla fine del corso un mio studente, Angelo Tirone, che poi è stato intervistato da Marina, mi porta il suo passaporto italiano, perchè lui è un discendente e ha la doppia cittadinanza, e mi dice: “a me questo passaporto non serve, se, vuole, lo può dare a qualcuno di quei ragazzi, a loro sarà più utile”. Ovviamente è un paradosso – continua Teresa Fiore – perchè non si può cedere un documento. Però mi si è accesa un’idea su un progetto che ha preso forma con l’incontro con Marina, dopo aver saputo che lei ha fatto una mostra sul suo passaporto. SPONDE – conclude la professoressa – è un acronimo che sta per Sbarchi Partenze Odissee Narrazioni Documenti ed Ecologie ed esplora il luogo di contatto tra il mare e la terra ed è quindi profondamente legata agli spostamenti alla mobilità e all’incontro con l’altro che è il tema del dossier di Agrigento Capitale”.

Le protagoniste: 

 Marina Sagona (Roma, 1967) è una artista multimediale italiana e americana. Ha studiato storia dell’arte all’università La Sapienza di Roma e all’inizio degli anni ‘90 è stata assistente dell’artista Mario Schifano. Nel 1995 si è trasferita a New York, dove ha cominciato a lavorare disegnando per il New York Times e il New Yorker, ha diretto il dipartimento di arte contemporanea della FIAC (Foundation for Italian Art and Culture), collaborando tra gli altri con la fondatrice del MoMA PS1 Alanna Heiss alla mostra Senso Unico, e ha ha co-curato la mostra Dante Ferretti: Design and Construction for the Cinema al MoMA (Museum of Modern Art) nel 2014. È stata artist in residence a Galatina (Domus, 2019) e a Barcellona (Chiquita Room Gallery, 2021).  Il lavoro di Sagona si esprime attraverso strumenti diversi quali il video, la scultura e l’installazione e il suo percorso artistico ha come centro focale le dinamiche di comunicazione, l’identità condivisa e l’inconscio collettivo. Tra le sue opere audio-visive più rappresentative, il pluripremiato Stabat Mater del 2021 (Ribalta Experimental Film Festival, Sipontum Arthouse International Film Festival), Self-Portrait del 2019 (autoritratto per interposte persone), e Your Dream Is My Dream del 2023 sugli archetipi nel sogno

 Teresa Fiore è titolare della cattedra Inserra di Italianistica e Italoamericanistica a Montclair State University (New Jersey, USA). Ha anche insegnato a Harvard, Yale e NYU. È autrice del libro Spazi Pre-occupatiUna rimappatura delle migrazioni transnazionali e delle eredità coloniali italiane (Mondadori/Le Monnier 2021), che affronta anche il tema della cittadinanza, e di numerosi articoli sulle migrazioni da e verso l’Italia. Nel 2019 è stata insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia per il suo lavoro di diplomazia culturale tra Italia e USA attraverso un regolare calendario di eventi (montclair.edu/inserra-chair). Al momento lavora a un progetto sulle pratiche alimentari durante lo sbarco degli alleati in Sicilia nel 1943 (Food, Hunger and Migration) e a un progetto sulla rappresentazione culturale dell’adozione (Adoption Studies Project).

 Fonte: www.montclair.edu 

Foto di copertina gentilmente concessa dal regista Marco Gallo