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Editoriali

Agrigento e la sua “immagine”: che “amore” vogliamo donare alla città?

AgrigentoRoma è una delle città più belle al mondo. Un patrimonio storico-artistico che tutti invidiano e che portano la capitale d’Italia ad essere una delle mete più ambite dai turisti di tutto il mondo.

Eppure, nonostante l’immenso patrimonio, anche Roma negli ultimi decenni si è trovata, e si trova, al cospetto di tanti problemi: rifiuti, strade senza manutenzione, disservizi. Problemi che potremmo definire di ordinaria routine in una Italia che “vive” in una continua emergenza. Eppure, c’è una città che più di Roma, e forse di qualsiasi altra realtà, vive sotto la lente d’ingrandimento di problemi e situazioni atipiche. 

E’ la città di Luigi Pirandello, che proprio quest’anno celebra il 150° anniversario della sua nascita. Agrigento non a caso è la città definita di “pirandelliana memoria”; Agrigento è un’essenza di atipicità, un concentrato di “amore” e “odio”.

Nelle ultime ore sta facendo discutere, e non poco, il servizio mandato in onda ieri su La7. La trasmissione è “L’Aria che Tira“, che ha voluto accendere le telecamere per parlare del problema della carenza idrica. “In strada ad Agrigento – scrive il giornalista di La7 che ha “confezionato” il servizio – ci si lava per strada con le autobotti messe a disposizione per i cittadini. Continua la crisi idrica in tutta la regione“.

Un “fatto” che prende spunto da una polemica nata negli ultimi giorni dopo che un’autobotte era parcheggiata nei pressi delle bancarelle di via Ugo La Malfa e alcuni ne avrebbero approfittato per una “rinfrescata”. Un comportamento non certo associabile alla crisi idrica, ma determinato da una “inciviltà” che ha visto protagonisti alcuni probabili mercatisti intenti a lavarsi in pubblica via.  

Eppure è bastato davvero poco per far apparire Agrigento come una città dove è normale lavarsi per strada. L’immagine di una città e di un popolo “rovinata” da un quadro che, al di là delle responsabilità, getta ancora una volta “fango” su quella che Pindaro definì la “più bella città fra i mortali”. Non vogliamo certo additare il giornalista o gli agrigentini intervistati (che si spera siano stati all’oscuro di come è stato “confezionato” il servizio), ma il dato di fatto è che Agrigento agli occhi degli italiani appare, ancora una volta, come una città “icona” di problemi “atipici”.

Non parliamo di assenza di problemi o che Agrigento è il paradiso del mondo, ma parliamo di come la città di Pirandello viva in un continuo assedio rispetto a problemi “normali” che diventano “anormali”. L’immagine è infatti il punto di partenza di una città che vuole vivere di turismo. Offrire una visione “positiva” di Agrigento è l’a-b-c di qualsivoglia strategia di rilancio del settore. Eppure, sembra il peggiore male degli agrigentini, siano gli agrigentini stessi. Un concetto non certo da generalizzare, ma è indubbio che un certa parte di tutti “noi” vive nel perenne mondo della critica; una “critica” che non fa altro che alimentare situazioni di particolare “attenzione” dei media nazionali, pronti a creare il “caso”. 

Forse converrebbe un po’ a tutti noi agrigentini farci un esame di coscienza e chiederci che amore vogliamo dare a questa terra.

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