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Caso Sea Watch, il parroco di Lampedusa: “Dio non fa preferenze di persone”

L’ufficio di Pastorale Sociale e del lavoro della Arcidiocesi di Agrigento fa propria la riflessione e l’appello lanciato dal parroco e dalla Comunità Ecclesiale di Lampedusa sulla vicenda dei 49 migranti in attesa di sbarcare da oltre quindici giorni in un porto Europeo.

«Prima ancora che dal punto di vista religioso – afferma il direttore dell’Ufficio diocesano, don Mario Sorce – siamo interpellati come uomini che credono in una società creata per servire l’uomo e non per asservirlo solo quando fa comodo o lo richiedono gli interessi politici o economici. Siamo convinti che l’esodo di questi fratelli, certamente meno fortunati di noi, debba vedere impegnata non solo l’Italia e i Paesi del Mediterraneo ma tutta la Comunità Europea che dovrebbe ricordarsi di ciò che questi popoli hanno pagato, e pagano, a causa di una politica “coloniale” portata avanti negli ultimi secoli proprio da quegli stessi Stati che oggi si rifiutano di accoglierli. Una Comunità veramente europea sa vedere nei popoli che ci interpellano non un nemico da rifiutare ma un’opportunità per diventare più umana e più unita. Siamo altresì convinti – conclude don Sorce – che una vera accoglienza non va fatta per arricchire pochi ma sia occasione di ricchezza per le Comunità”.

Ecco il testo di Don Carmelo e e della Comunità Ecclesiale di Lampedusa:

““…comportatevi da cittadini degni del Vangelo” Fil 1,27”

“Come cristiani e cittadini, in questo tempo che richiede una testimonianza efficace, siamo chiamati dagli eventi della storia ad essere protagonisti, e non spettatori, delle vicende Politiche del nostro Paese.
Ci sentiamo interpellati dalla Provvidenza che ci ha voluto comunità di periferia nel Mare Mediterraneo destinata a condividere la sorte di uomini e donne che, a diverso titolo, mettono piede sulla nostra isola di Lampedusa; siamo continuamente spronati dal magistero del Santo Padre e del nostro Vescovo a prendere in seria considerazione i segni dei tempi che scorgiamo all’orizzonte e a viverli come opportunità e non come problema.
È in grave errore chi ritiene di poter ridurre il cristianesimo alla mera ostensione, o ostentazione, di simboli.
Noi teniamo in mano il Vangelo ma, soprattutto, lo teniamo nel cuore e nella mente come lampada che illumina i passi della vita personale e sociale, come bussola di relazioni autentiche con il Prossimo.
Non possiamo accettare chi cerca di ridurre la fede cristiana ad un semplice fatto culturale, un cumulo di tradizioni e usanze che hanno bisogno della nostra custodia per evitare l’estinzione.
Noi sappiamo che la nostra fede consiste in una relazione reale e viva con il Signore Risorto, noi lo incontriamo e riconosciamo presente nella vita della sua Chiesa, nei Sacramenti della Grazia, nella sua Parola vissuta e in ognuno dei “suoi fratelli più piccoli”, esclusi, sofferenti e stranieri (Mt 25).
Da buoni cittadini vogliamo essere rispettosi dei valori universali e dei diritti umani, come sancito dalla nostra costituzione, garantiti ad ogni essere umano.
Rifiutiamo la logica di chi, procurando esclusivamente conflitti tra poveri, vorrebbe far passare per giustizia la prevaricazione e per sicurezza il peggiore dei nazionalismi.
Noi sappiamo che “Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto” (At 10,34-35).
La nostra coscienza, pertanto, non può in alcun modo accettare e ritenere giusta nessuna legge che vada contro questi principi; non crediamo di poter considerare legittima nessuna autorità politica, nessun suo pronunciamento che ci porti a mettere in discussione tali fondamenti della nostra vita di cittadini e cristiani.
Assistiamo ormai da quindici giorni al vergognoso trattenimento in mare di 49 persone, uomini, donne e bambini a bordo della #SeaWatch3 e della #SeaEye, che hanno la sola colpa di sperare e sognare il futuro. È inaccettabile, da ogni punto di vista, che qualsiasi dibattito politico venga fatto sulla pelle di persone fragili, ferite e disarmate.
Chiediamo al governo italiano di aprire i porti e di permettere alla società civile di poter accogliere senza alcuna resistenza quanti richiedono il nostro aiuto.
Invitiamo tutti i fedeli cattolici e cristiani di ogni confessione ad unirsi a noi in questa richiesta.
Preghiamo le comunità ecclesiali di non trincerarsi dietro paure e resistenza ma di mettere in pratica il Vangelo con coraggio e gratuità.
Desideriamo essere #presepe vivente, povero e umile ma aperto e accogliente per ogni “Cristo” che ci sarà dato di incontrare”.

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