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Celeste Saieva a “storie maledette”: Amore e morte nella Sciacca del 2009

piazza scandaliatoRitorna sotto i riflettori, grazie al programma di Rai tre “storie maledette”, il caso di cronaca nera che ha come protagonista Celeste Saieva accusata di avere ucciso il marito con la complicità dell’amante di lei.

Una storia che ha il sapore di uno dei molteplici casi de “Il commissario Montalbano” e non soltanto per l’ambientazione tutta sicula (l’omicidio avvenne nel 2009 a Sciacca), ma anche per l’intreccio di passione, amore, violenza e morte, “Eros e Thanatos” ingredienti essenziali e motori propulsivi per far compiere un gesto efferato e quasi liberatorio per la coppia di amanti.

La Saieva, pur essendo condannata in via definitiva a 30 anni di reclusione per concorso in omicidio, si ritiene tutt’ora estranea ai fatti. Ma tanti troppi indizi “accompagnarono per mano” gli inquirenti verso i giovani amanti. Poco più che ragazzina Celeste Saieva, 22 anni e due figli, un marito Michele Cangialosi, poco affettuoso e violento, il vuoto di un’esistenza infelice che viene colmato con l’arrivo di Nicola Piazza, che da subito diventa l’amante, l’amore il compagno che Celeste non ha mai avuto.

A discapito delle dicerie del paese, a discapito della furia del marito, la Saieva continua il suo progetto di vita parallelo a quello della sua vita matrimoniale. Ma un giorno tutto cambia, Cangialosi “esce una mattina e non torna più” così afferma Celeste ai Carabinieri, a cui denuncia la scomparsa o meglio a suo dire, l’abbandono del tetto coniugale del marito.

La denuncia viene fatta dalla Saieva solo 15 giorni dopo l’effettiva scomparsa del marito. Troppe anomalie per gli inquirenti, troppe le parole sussurrate in quelle lunghe telefonate dagli amanti ignari di essere intercettati, troppo fragili psicologicamente, le persone coinvolte nell’omicidio di Cangialosi. Solo dopo mesi dalla scomparsa di quest’ultimo, un minorenne vuota il sacco agli inquirenti, denunciandosi come esecutore materiale del delitto di un uomo strangolato nel sonno, sul letto di casa sua e poi trasportato e seppellito in un appezzamento di terreno appartenente ad uno dei tre assassini. Si perché a partecipare all’omicidio, sarebbe stato anche Piazza, l’amante innamorato e Paolo Naro. In primo grado Saieva, Piazza e Paro sono stati condannati a 30 anni per l’omicidio di Cangialosi.

La sentenza è stata confermata sia in appello sia dalla Cassazione. Il ragazzo minorenne è stato condannato invece a 9 anni e 4 mesi. Saieva è attualmente rinchiusa nel carcere di Bollate, in provincia di Milano e magari, trascorre ancora le sue giornate a ricordare l’emozione di quell’amore puro che si è intorbidito con la macchia indelebile del sangue.

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