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Cultura

“Cherosene”: l’ultima opera di Beniamino Biondi

cheroseneDAL TESTO DELLA PREFAZIONE DI MASSIMO BACIGALUPO, saggista e critico letterario, Ordinario di Letteratura e Cultura Angloamericana e docente di Tecnica della Traduzione presso il Dipartimento di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova.

“La storia della genesi o la vecchia mitologia” scrive Ralph Waldo Emerson (Il metodo della natura) “si ripete nella vita ed esperienza di ogni bambino. Anch’egli è un demone o un dio gettato in un caos particolare, dove sempre si sforza di condurre le cose dal disordine all’ordine”. Nelle rapide annotazioni di Cherosene Beniamino Biondi ci offre il suo frammentario rapporto sul mondo come l’ha conosciuto nei suoi trentacinque anni di vita di siciliano impegnato culturalmente nella scrittura, nell’immagine (ha realizzato diversi film) e nella critica (ha all’attivo libri importanti sulle cinematografie trascurate, Giappone, Grecia, Messico, con una particolare attenzione allo sperimentalismo). Qual è il risultato di questo Piccolo Testamento di Biondi in versi franti? Piuttosto sconsolante, parrebbe. E’ un mondo urbano abitato da larve al limite della sopravvivenza, fatto di periferie industriali, bidonville, bassi, interni cupi. “Penso a tutte le mani che alzano tendine logore in migliaia di stanze ammobiliate”, scriveva Eliot nel 1910. E Biondi nel 2012: “manifesti stracciati e / cartoni di vino / una pensione per / studenti (lampade al neon, soffitti bassi)”. Oppure: “mentecatti che grugnano sul pianerottolo”. O ancora: “hanno preso delle tartine e della birra e le hanno mangiate / lui stesso (senza interesse) lo ha raccontato”. (Questo dopo quella che sembra la descrizione alienante di un accoppiamento.) E’ un inventario da cui trapela poca luce, condotto nel corso di una trentina di schegge frammentarie, anche lapidarie.
Per disegnarlo Biondi si vale di mezzi semplici e sofisticati. Predomina il senso di un discorso, o chiacchiera, che è cominciata prima e continuerà dopo, colta quasi per strada, e dal carattere fatico, cioè quasi più orale che scritta. Anche se poi Biondi si vale di enjambements e versi scalati e a volte propone degli inserti tipografici che complicano il senso (“chi (mesta)mente / fissando la pioggia”), dimostrando di conoscere bene la storia dei giocolieri tipografici futuristi alla Cummings e Apollinaire. Ma sempre senza quella componente di gioco anche ingenuo che spesso accompagna questa destabilizzazione della scrittura attraverso parentesi, puntini, esclamazioni.
Per esempio: “resistere o precipitare / (non) / porre fine alle cose / (in conclusione) / farneticando (o nudo o altrimenti mascherato)”. E’ un’altalena esistenziale. Con la sua forza epigrammatica (anche la nudità è una maschera, o, come diceva un’attrice, un abito di scena). L’estro formale, sempre contenuto, sottolinea quelle che sono in effetti delle microstorie di un mondo banale senza redenzione: “inequivocabil- / mente suo, per principio, / (la cultura dell’onore, dice lei) / la merda dei piccioni come catrame usura il passamano”.
Prevale il sentimento di un inventario del caos in tonalità saturnina o malinconica, con una presenza ricorrente della morte, anch’essa anonima: “e intanto che i parenti chiacchierano lui muore; ancora ieri / cenava davanti la tv / e ora la camera da letto puzza / d’alcool, il borotalco adorna le lenzuola”. “C’è stata una morte nella casa dirimpetto”, annotava un’altra poetessa di cose minime, la Dickinson.
Biondi sa usare la scrittura per proiettare immagini e suggerimenti che lasciano il segno. Se una visione così uniformemente virata al negativo rischia di parere manierata, la sua parola ha però pregnanza e nettezza che in qualche modo si oppone mentre lo dice all’universo entropico su cui non si fa e non concede illusioni: “cosa nominare ancora dopo la vergogna; la triste sorte / del suo rossetto amaranto / così apre le gambe e sbadiglia, / smalto secco sulle unghie, questo e nient’altro / (il significato)”.

Anche questo pare un rapporto uggioso fra amanti, reso però con un processo di riduzione progressiva che può di nuovo ricordare i modernisti, come certe vignette allusive del Mauberley di Pound: “Conservatrice di milesii / costumi di mente e sentimento? / Forse, ma ad Ealing, con il più bancario degli inglesi?” A Ealing o nelle nostre periferie percorse da ambulanze che è vietato seguire approfittando della loro precedenza (uno dei fatti diversi che Biondi non si stanca di registrare: le banalità della coscienza) l’eros milesio è impensabile. Come Pound allude a Gourmont, Biondi fa balenare in queste pagine i nomi di Wolf Biermann, Langston Hughes, Lévi-Strauss, Hegel: non citazioni colte ma tessere svalutate del discorso in fieri.
Vale dunque la pena di seguire il cammino serenamente disperato di Biondi, che non si rifugia nel sogno e “vede il teschio sotto la pelle”. E’ un poeta maturo che ha messo la sua arte al servizio delle cose come sono, di quella che un altro poeta chiamava la “totale mancanza di fogliame”. Sicché anche per Biondi si può ripetere ciò che Emerson affermava del genio: “Non deve studiare la propria posizione, né mettere le cose in una luce favorevole; in lui è la luce, da lui ogni cosa è illuminata fino al suo centro”.

Beniamino Biondi è nato e risiede ad Agrigento. Ha compiuto studi classici e si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Palermo. Scrittore e saggista, si occupa di poesia e di cinema. Collabora con riviste di letteratura e critica cinematografica, cura rassegne di cinema d’autore e ed è direttore di collana per alcuni editori. Come relatore partecipa a numerosi convegni e giornate di studio. Ha curato l’edizione delle poesie complete del filosofo Aldo Braibanti – nella cui casa a Roma ha vissuto per lungo tempo – ed ha pubblicato numerose opere di letteratura e saggistica critica e teorica. Svolge opera di consulenza per Enti, Associazioni e Facoltà Universitarie. Tiene rubriche fisse per siti online e giornali cartacei con interventi critici e di pensiero. È membro del Sindacato Nazionale dei Critici Cinematografici e Presidente di Giuria del Festival del Cinema Archeologico di Agrigento. E’ tra i maggiori critici del cinema giapponese in Italia.

Contatti:
www.beniaminobiondi.it

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