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Editoriali

Comunicazione 2.0: la nuova era del “mettere in comune”. Intervista a Francesco Pira

francesco pira 1Comunicazione significa letteralmente “mettere in comune”. Ciò che viene messo in comune nella comunicazione non sono beni materiali ma “messaggi” che esprimono intenzioni, sensazioni, pensieri, sentimenti, informazioni.

Metà della popolazione mondiale è composta da persone che hanno qualcosa da dire ma non possono. L’altra metà da persone che non hanno niente da dire e continuano a parlare”. Con queste parole di Robert Frost, abbiamo voluto affrontare il tema della comunicazione in un’epoca sempre più esigente e sul quale il “mettere in comune” sembra essere in continua evoluzione. Lo abbiamo fatto con Francesco Pira (in foto), 50 anni originario di Licata (Agrigento), docente di comunicazione e giornalismo presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina e di comunicazione pubblica e d’impresa presso l’Università Salesiana di Venezia e Verona.

Il prof. Pira, svolge attività di ricerca nell’ambito della sociologia dei processi culturali e comunicativi. Saggista e giornalista è autore di numerosi articoli e pubblicazioni scientifiche. Ha svolto attività di consulenza e coordinato progetti di comunicazione per istituzioni pubbliche e imprese. Esperto di comunicazione politica ha pubblicato vari testi sull’argomento: La nuova comunicazione politica (FrancoAngeli 2 edizioni una nel 2004ed una nel 2007) con L. Gaudiano, Come dire qualcosa di sinistra. Da Blair a Obama dalla terza via al presidente Youtube (FrancoAngeli 2009) La net comunicazione politica- Partiti, movimenti e cittadini-elettori nell’era dei social network per i tipi della Franco Angeli (Franco Angeli 2012). Da oltre 10 anni coordina il monitoraggio dei portali politici dei principali partiti e movimenti italiani. Nel giugno 2008 per l’attività di ricerca e saggistica è stato insignito dal Capo dello Stato, on. Giorgio Napolitano, dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Opinionista del quotidiano on line Affari Italiani e del magazine Spot and Web, scrive per riviste specializzate.

Prof. Pira, grazie per la Sua disponibilità. Partiamo subito da una domanda che può sembrare banale: in generale, cosa è cambiato oggi nel modo di comunicare?
E’ cambiato tantissimo. Ormai tutti siamo protagonisti dei processi comunicativi. Ci basta uno smartphone per far vedere o sentire attraverso i social network quello che vogliamo condividere. E’ una grande rivoluzione, come dice il grande sociologo Zygmunt Bauman, in cui siamo cascati dentro e dobbiamo capire come muoverci. Nuovi linguaggi e nuove sfide. Per me affascinanti, come quelle dei social network, che però devono essere usati con grande consapevolezza. Ma noi italiani non siamo per le mezze misure. Fino a ieri la comunicazione era da uno a tanti. Oggi da tanti a tutti. Prima noi andavamo dai nostri genitori per chiedere come funzionavano le cose. Adesso i genitori si rivolgono ai figli per usare le nuove tecnologie.

Le sue ricerche hanno interessato soprattutto il mondo della comunicazione politica. Pensa che al di là delle capacità politiche di un uomo, il successo sia legato ad una buona comunicazione?
Guardi per rispondere bene alla sua domanda credo vada fatta una distinzione tra comunicazione politica, propaganda e marketing politico. Io cerco di analizzare i processi di comunicazione politica ma mi trovo spesso a rilevare che c’è ancora soprattutto propaganda nel nostro paese. Una voglia smisurata di indottrinare più che di comunicare. Di affermare le nostre idee più che ascoltare gli altri per poi arrivare a decisioni di governo o iniziative di opposizione. Oggi nessun politico prescinde dalla comunicazione. Sa che è molto, non tutto. Ma la buona comunicazione politica è un insieme di valori, contenuti e strategie. Il resto è propaganda.

Il presidente degli Stati Uniti, Obama in tal senso ha fatto da apripista ad un’era politica sempre più basata sugli aspetti mediatici essenziali. Chiarezza e semplicità alla base di un buon successo?
Su Obama ho scritto tanto e fatta molta ricerca. Ho detto, senza paura di essere smentito, che nella comunicazione politica esiste un’era pre Obama ed esisterà un’era post Obama. Il Presidente americano ha una forza impressionante ed anche una grande capacità. Tutto funziona alla perfezione: la voce, lo stile, gli argomenti, l’effetto trascinamento e la capacità di motivare. Eppure i consensi non corrispondono alla grande forza che imprime attraverso la comunicazione. Perché governare significa fare anche scelte impopolari. La comunicazione politica fin dai tempi dell’antica Grecia è nata e cresciuta sulla retorica. Oggi conta il saper raccontare storie ed emozionare. Obama e Papa Francesco, nel rispetto dei diversi ruoli, sono straordinari comunicatori.

A livello locale quanto pensa che l’ascesa politica dell’attuale sindaco di Agrigento sia stata condizionata da un buon modo di comunicare.
Penso che il sindaco di Agrigento, Lillo Firetto, che conosco personalmente ha grandi doti umane oltre che politiche. E poi a Porto Empedocle era un sindaco amatissimo. Gli agrigentini hanno pensato che avendo fatto bene a pochi chilometri poteva essere la soluzione giusta. Ma ha saputo, attraverso una comunicazione comprensibile e inequivocabile l’orgoglio della nostra provincia, capacità di governo e determinazione. Poi tutti sanno che è seguito da sempre da Lorenzo Rosso suo consulente per la comunicazione. Credo sia un buon comunicatore. Ad Agrigento deve far vedere cosa sa fare ma sia a Porto Empedocle che in Regione ha lavorato bene.

Prof. Pira pensa che la politicizzazione dei media influisca sulla libertà di stampa?
E’ molto complessa questa domanda. Avrei bisogno tantissimo spazio per rispondere. Oggi il web ha permesso la creazione di tantissime testate, impensabili sulla carta stampata e nell’etere. Ma non sempre un alto numero di giornali corrisponde a tanta libertà di stampa. Le rispondo come ha fatto un noto giornalista e conduttore televisivo Floris: un giornalista può essere faziosi, il giornalismo no.
Oggi i media più che politicizzati sono militanti. E non parlo soltanto dei giornali di partito che ricevono il finanziamento pubblico. I social network stanno pian piano superando la mediazione giornalistica e creando anche schemi di contro informazione. Su questo dovremmo riflettere. C’è poi il grande tema della proprietà delle testate e della quasi totale assenza di editori puri, cioè editori che fanno soltanto gli editori.
Essere editori onesti e giornalisti onesti non è facile, ma nemmeno impossibile.

Come pensa che evolverà la comunicazione? Fra un decennio celebreremo il funerale della carta stampata?
Penso che i ricercatori che analizzeranno cosa è accaduto dopo l’avvento del web e dei social si divertiranno tantissimo a raccontare cosa è avvenuto nel terzo millennio. In America c’è chi giura che il funerale si celebrerà nel 2025, fra 10 anni. Mi piace chiudere con una battuta che ad un convegno ha fatto un giornalista trentino di un quotidiano locale: “ogni volta che apro le pagine delle necrologie penso…ci è morto un altro lettore”. Oggi i giovani non leggono i giornali cartacei. Le ricerche ci dicono che leggono quelli on line, peraltro attraverso condivisione dai social. Per questo gli editori stanno proponendo progetti intelligenti come “giornale in Ateneo” a cui ho aderito per sviluppare nei giovani l’interesse per i giornali cartacei. La comunicazione non dividerà più come diceva Umberto Eco: apocalittici e integrati. Ormai tutti siamo potenziali comunicatori.

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