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Editoriali

Cupa a rischio chiusura: ecco come la politica agrigentina ha fallito

università_agrigentoLe vite dei giovani agrigentini andrebbero arricchite, formate secondo quello schema etimologico che vede la parola “istruzione” derivare dal latino Instruo, “arricchire” per l’appunto.
Ad aver recentemente intuito che l’istruzione è uno dei primi tasselli fondamentali della vita fu Tony Blair, l’ex primo ministro del Regno Unito, che nel 1997 lanciò una sfida epocale, da molti osteggiata e criticata ma poi ampiamente condivisa, nel riconoscere l’istruzione come priorità assoluta del suo mandato politico. Dopo 17 anni non possiamo anche noi italiani riconoscere la stupenda intuizione di Blair di fondare la futura società britannica su un più elevato livello culturale basato su una continua “ricerca” del sapere. Imparare e conoscere per rendere ricco il Paese. Un binomio che ad Agrigento, dopo anni di lotte e conquiste sembra in queste ore svanire nel nulla.

Infatti il rischio chiusura della realtà universitaria agrigentina si fa sempre più concreta, ed allora ecco che: l’Università ad Agrigento a breve potrebbe essere solo un ricordo.
E a rendere l’incubo chiusura un vero e proprio spauracchio ci hanno pensato addirittura revisori dei conti dell’ente universitario che preso atto della tragica situazione economica, hanno intimato il Cda del CUPA ad una prematura liquidazione. D’altronde i revisori null’altro potevano fare se non prendere atto delle intenzioni del Commissario straordinario dell’ex Provincia Regionale di Agrigento (oggi Libero Consorzio), Alessandra Di Liberto, che fra i suoi primissimi provvedimenti ha addirittura messo a rischio il rapporto fra l’ex Provincia (che gestisce circa l’80% delle quote) e il Consorzio Universitario; dopo la Di Liberto, anche Vittorio Messina, presidente della Camera di Commercio (e socio del CUPA) in un sol colpo ha interrotto qualsiasi supporto di tipo economico e richiesto la liquidazione dell’ente.

E che dire dell’impegno del vice presidente della Regione Sicilia, l’agrigentina Mariella Lo Bello? Proclami a parte ad oggi un bel nulla.

Una follia senza precedenti se pensiamo che il territorio della provincia di Agrigento, vanta proprio nell’Università una struttura d’eccellenza che anno dopo anno consente a tanti giovani di restare nel proprio territorio e magari trovare un posto di lavoro.
Oggi, anche per questa martoriata terra, ultima nelle classifiche, ci si trova dinnanzi ad ulteriore smacco. In buona sostanza Agrigento, terra di millenaria storia, cultura e tradizioni non potrà sperare in una rinascita culturale secondo quello schema che Tony Blair ha adottato per il suo Paese.
Non sono valsi a nulla i tentativi di creare il sogno di una università Euromediterranea che l’allora presidente del Cupa, il prof. Joseph Mifsud, stava portando avanti. E che dire della collaborazione con l’University of East Anglia di Londra. Tentativi di ampliare l’offerta formativa per i nostri giovani, consentendo loro di accrescere non solo il proprio bagaglio culturale, ma soprattutto rendere viva la speranza di trovare uno sbocco professionale nella loro terra.
E si badi bene, la responsabilità è solo ed esclusivamente della classe politica. Quella classe politica che oggi per bocca del ministro Angelino Alfano parla di privatizzazione. Ma siamo sicuri che l’istruzione possa passare attraverso un processo di investimenti privati? Vogliamo svendere la cultura e l’istruzione? Un ministro della Repubblica che ha a cuore il bene della sua terra, non può consentire di far vivere e rilanciare l’università ad Agrigento? E i nostri deputati regionali cosa fanno? Coloro che parlano di sviluppo, rilancio del territorio, hanno mai preso in considerazione le conseguenze di una ipotetica chiusura?
Ai posteri l’ardua sentenza.

Francescochristian Schembri
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