fbpx
Regioni ed Enti Locali

Don Saverio “l’Africano”: una storia d’amore col continente nero

Ho avuto tra le mani il libro scritto da Don Saverio Catanzaro ex Arciprete di Ravanusa dal titolo: ”L’Africa nel Cuore Ismani” il cui ricavato andrà appunto alla Missione africana ed ho subito pensato a quel bellissimo film “La mia Africa” con Robert Radford che tante volte ho visto e che mi ha sempre emozionato. Una storia d’amore col continente nero che come una malattia ti prende e non ti lascia più. Ma chi è Don Saverio Catanzaro? Nato a Menfi il 7 marzo del 1936 è stato ordinato Sacerdote da Mons G.B.Peruzzo il 21 maggio del 1961. Nel 1965 è nominato parroco a Caltabellotta. Dal 1973 al 1982 andrà in Tanzania presso la Diocesi di Iringa. Ritornato in Italia sarà fino al 1996 Arciprete a Santa Margherita Belice per poi andare a Ravanusa dove resterà per 6 anni sino al 2002.Infine a Menfi fino al 2016. La sua venuta a Ravanusa credo non sia stata fata a caso. La Chiesa Madre non era più quella di una volta per motivi vari su cui non è il caso di soffermarsi. Occorreva una figura nuova capace di richiamare i fedeli in Chiesa e riportarla al ruolo di Chiesa guida che ormai aveva perso. Un compito difficile per un Sacerdote non locale ma che invece Don Saverio svolse in maniera esemplare tant’è che ben presto si attirò le simpatie di tante persone per i suoi modi di fare e per la maniera moderna di instaurare rapporti con la gente che gli stava vicino. Un prete moderno e non molto attaccato al denaro se è vero e so che è vero che ruppe il prezzo stabilito per le funzioni religiose chiedendo solo “un’offerta”. Cosa che sicuramente non fu molta gradita agli altri sacerdoti. Era per Ravanusa un periodo di primavera religiosa. Era sorto il gruppo di Padre Pio nella Chiesa Sacra Famiglia gestita da Padre Lana, si facevano pellegrinaggi a San Giovanni Rotondo a Cascia e in Calabria da Fratel Cosimo dove c’era “La Madonna dello scoglio” o anche da “Natuzza”.Per quel che io ricordi, non essendo io un praticante ,era socialmente presente nelle varie attività che la Chiesa cominciò a intraprendere e fece trovare quindi al suo successore Padre Emanuele come suol dirsi “un buon gregge” che dopo la sua partenza un po’ sbandò essendosi ormai abituati tutti al suo carisma. Per questo ogni volta che ritorna viene sempre accolto bene dai suoi ex parrocchiani. Ma torniamo al libro scritto appunto da Don Saverio non certo per ricevere gratificazioni per quanto da lui fatto ma solo per testimoniare invece il valore della scelta fatta dalla Curia agrigentina e la validità di quel progetto. Era il comandamento di Gesù: “Andate in tutto il mondo. Predicate il mio Vangelo ad ogni creatura insegnando loro tutto ciò che vi ho comandato”. Non mi dilungherò molto su quanto fatto in tutti quegli anni ma sicuramente val la pena di ricordare la costruzione miracolosa di una grande Chiesa pur non avendo sicuramente esperienze ingegneristiche e di calcoli architettonici oltre ovvio a tante piccole chiesette fatte di canne e fango. La costruzione durò 4 anni. Ma oltre il successo della Chiesa la vera vittoria di Don Saverio fu quella di convertire centinaia di persone e persino i Masai si lasciarono sedurre da quei preti siciliani che con tanto amore erano arrivati con autentico spirito missionario sin lì grazie anche ad un progetto fatto da un ex arciprete di Ravanusa Don Giuseppe Burgio. Secondo Don Saverio con la loro venuta in Africa si era aperto un ponte che avrebbe permesso e così poi è stato anche il viaggio in Sicilia di gente di colore. Così scrive: “Penso alla figlia di Ernestina del villaggio di Mikongwi caduta sul fuoco…All’età di 10 anni con l’aiuto di Padre Mazzocchio accompagnata dalla mamma è venuta ad Agrigento è stata operata ed ora grazie agli agrigentini frequenta la scuola secondaria. Penso a due ragazzi portati ed operati al cuore a Palermo. Penso alle centinaia di adozioni a distanza che come una catena d’oro hanno legato tante famiglie di Agrigento a ragazzi e ragazze che così hanno potuto studiare curarsi e vivere. Penso ai circa cinquanta contaners pieni di ogni ben di Dio spediti nel tempo alla Missione ai nostri fratelli africani…”. Sicuramente molto difficili quegli anni trascorsi nel caldo africano con persone che non comprendevano la lingua e che lui doveva convertire, con le difficoltà mediche e alimentari con l’odio e le invettive degli stregoni che si vedevano messi da parte nelle loro cure, con la distanza dagli effetti familiari che ogni sera sicuramente dopo quegli incredibili tramonti africani lo prendeva alla gola e gli faceva chiedere il perché proprio lui fosse stato scelto per quella Missione. Io dico dopo aver letto il libro che fosse un predestinato perché solo chi ha dentro il fuoco di Dio e non la fiammella dell’apparenza può portare a termine una missione quasi impossibile. E questo alla Curia agrigentina l’hanno capito e per questo hanno voluto che Don Saverio parlasse della sua decennale esperienza africana.
Attività questa aggiungo io che non si è mai interrotta perché so che Don Saverio ha sempre continuato a far arrivare di tutto ancora oggi in Africa e continua ancora a mantenere vivi i rapporti con la sua ex Missione. Voglio riportare le parole dette dall’allora Onorevole Pumilia che andò a trovare Don Saverio in Tanzania: Un viaggio e una permanenza indimenticabili che mi svelarono un mondo del tutto nuovo che toccò me e mia moglie. Mi è rimasto il grande dono di Padre Saverio che mi ha consentito quella esperienza e mi ha permesso di vedere sul campo un uomo di fede impegnato a diffondere il messaggio cristiano, rispettando la cultura di quel popolo, evitando ogni forma di colonialismo anche religioso, (amico degli africani) un uomo in mezzo ad altri uomini e donne in una postura che respinge ogni differenza, che considera quella tanzaniana una cultura altra, non una sotto cultura da riscattare e illuminare. Una sintesi perfetta di quanto effettivamente ha fatto con spirito di sacrificio e obbedienza e con la consapevolezza che quella fosse la strada giusta per dare un senso alla Parola di Cristo. Ho scritto queste due parole quindi per dare il giusto merito a un Sacerdote che con i fatti e non solo con le parole ha voluto dare un senso all’abito sacro indossato. Ed anche per correggere l’immagine un po’ vaga che io avevo di lui non avendolo mai conosciuto ne frequentato. Spero di incontrarlo di persona e stringere la mano a quello che io ormai chiamo come Scipione, “Don Saverio l’Africano”.

Girolamo La Marca

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.