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Hotspot di Lampedusa, chiesto al Ministero dell’Interno una verifica urgente delle procedure UE

giusy_nicolini“L’isola è luogo di primo soccorso e non può perdere il proprio ruolo per un esperimento inefficace imposto dall’UE”.

Queste le parole della sindaca Giusi Nicolini (in foto) alla luce delle ripetute pacifiche manifestazioni dei migranti eritrei sull’isola. A Lampedusa è stato istituito il primo hotspot d’Europa, contando forse sul fatto che la struttura di Contrada Imbriacola era modello di efficienza. Adesso, proprio a Lampedusa, emergono le criticità e i limiti dell’iniziativa europea e l’acuirsi di attrito tra il sistema hotspot e la convenzione di Dublino. “Ho chiesto che il Ministero dell’interno effettui una verifica urgente dello stato di questo esperimento denominato ‘hotspot’ – spiega la sindaca – al fine di rilevare le necessarie modifiche da apportare alle procedure imposte dall’UE all’Italia”. “Ancora una volta quindi è Lampedusa il punto di sperimentazione delle politiche sui flussi migratori, e – aggiunge Giusi Nicolini – non possiamo più permetterci il lusso di gravi errori sulla pelle dei migranti e di Lampedusa che ha già pagato un caro prezzo negli anni passati”.

Rientrata la protesta dei migranti eritrei che per due giorni hanno manifestato sul sagrato della chiesa San Gerlando in Lampedusa, restano i segni delle criticità che le direttive europee e l’istituzione dell’hotspot a Lampedusa hanno fin qui palesato. La sindaca di Lampedusa e Linosa aveva già rappresentato alle autorità competenti i punti deboli delle procedure. Aspetti già messi in luce dagli artefici delle ripetute proteste. “Se a protestare sono gli eritrei, che hanno diritto al ricollocamento sul territorio europeo, – aveva già dichiarato Giusi Nicolini – è evidente che qualcosa non funziona circa l’informazione che questi ricevono all’interno del centro di accoglienza”.

I motivi della protesta sarebbero da imputare alle carenti informazioni circa le destinazioni stabilite dalle quote di ricollocamento, l’impossibilità per i migranti di esprimere preferenze tra i paesi di destinazione e le enormi difficoltà che questi hanno nel richiedere il ricongiungimento al familiare che dopo il soccorso è stato trasferito in una struttura diversa o che già risiede in Europa. Per i due giorni di protesta, i migranti sono stati accolti all’interno della parrocchia per ripararsi dal freddo e dalla pioggia durante la notte e volontari dell’isola hanno provveduto a non fargli mancare acqua e cibo.

“Lampedusa si è ancora una volta fatta carico delle mancanze altrui – spiega la sindaca – ma la cosa più importante in questo momento è che l’hotspot pregiudica il naturale ruolo di primo porto sicuro per i migranti soccorsi nel Canale di Sicilia”.

La congestione del centro di prima accoglienza impedisce infatti l’ausilio della struttura in caso di necessità prioritaria di approdo dopo il soccorso in mare.

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