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Inchiesta “Suami”: “I soldi delle estorsioni fatti sparire con finte operazioni immobiliari”

Il procuratore capo facente funzioni di Agrigento, Salvatore Vella, ha ricostruito, nel corso della conferenza stampa con il capo della Dia e il pm Gloria Andreoli, i dettagli dell’indagine culminata con il sequestri dei beni.

I soldi delle estorsioni ai dipendenti, ai quali sarebbe stato imposto per anni il “cavallo di ritorno” sugli stipendi, riciclati e fatti sparire con la finalità di finire nelle casse degli amministratori della Suami, società onlus che si occupava di assistenza a disabili e anziani già finite al centro di due inchieste che avrebbero accertato maltrattamenti agli ospiti del centro e pizzo ai lavoratori.
La Direzione investigativa antimafia, su disposizione del procuratore della Repubblica, ha eseguito un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente in danno al patrimonio di una imprenditrice favarese, Giusy Barba, 40 anni, indagata per i reati di appropriazione indebita ed auto riciclaggio.

Le operazioni sarebbero state compiute insieme all’ex marito Salvatore Lupo e all’ex suocera Rosa Sferrazza, entrambi deceduti. La donna è morta per cause naturali mentre Lupo è stato ucciso il giorno di Ferragosto, freddato a colpi di pistola in un bar: per l’omicidio, che si incrocia con l’indagine che ha portato al sequestro, è stato arrestato Giuseppe Barba, padre di Giusy.

“Le indagini sull’omicidio svolte dai carabinieri – ha spiegato il procuratore Vella – hanno dato conferma all’ipotesi investigativa secondo cui i beni della Suami erano stati fatti sparire in modo illecito attraverso operazioni di riciclaggio. Ad ammetterlo, con una nota nella quale si spiegava che la vendita di un immobile era stata solo simulata, sono stati gli stessi legali di Giusy Barba che l’hanno messo per iscritto nell’ambito di un contenzioso civilistico fra gli ex coniugi che ha portato a contrasti economici così forti che sono sfociati nell’omicidio di Salvatore Lupo. L’indagine conferma e rafforza il movente del delitto”.

“Per appropriarsi dei beni – ha aggiunto Vella – Giusy Barba finge di cedere il lussuoso palazzo Cafisi, a Favara, alla stessa Suami. Viene simulato un preliminare di vendita con una caparra di 700 mila euro che verrà incassata dall’indagata perchè la vendita non sarà mai perfezionata”.

Il procuratore Vella ha aggiunto: “La circostanza sarà confermata pure per iscritto dai legali della donna perchè presto si apre uno scontro fra gli ex coniugi nella spartizione del patrimonio. La Suami, arricchita dai soldi delle estorsioni ai dipendenti, viene poi svuotata pure di un immobile in viale Cannatello. Le indagini sull’omicidio ci consentono di ottenere ulteriori documenti che confermano l’ipotesi”.

fonte SiciliaOnPress

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