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Licata, l’Ispettore Onorario ai BB.CC. Di Franco protesta: “No all’ascensore nel Municipio opera di Basile”

angelo-di-franco-ispettore-onorario-beni-culturali-licataDiventa un caso la realizzazione di un ascensore per disabili a Palazzo di Città a Licata. Una durissima lettera è stata recapitata nelle ultime ore dal nuovo Ispettore Onorario ai Beni Culturali di Licata, architetto Angelo Di Franco (in foto), alla Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali, al Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, al Sindaco del Comune, Angelo Cambiano, e al Presidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Agrigento, Alfonso Cimino.

Una missiva di vibrata protesta che entra nel merito e nel metodo, stigmatizzando quanto è stato fino ad ora deciso.

E’ con grande preoccupazione – scrive l’Ispettore Onorario al Beni Culturali attualmente direttore del Centro per l’Impiego della Provincia di Agrigento – che avvio la mia attività di Ispettore Onorario a seguito di un provvedimento di autorizzazione rilasciato da codesta Soprintendenza che coinvolge il Palazzo di Città di Licata, opera in stile Liberty progettata e realizzata dallo studio di Ernesto Basile, dichiarata di interesse culturale ai sensi dell’art. 10 del Dlgs. N.42/2004. L’edificio, sede del locale Municipio, è oggi in uno stato di degrado interno ed esterno tale da richiedere con l’urgenza del caso un intervento manutentìvo (agli infissi, intonaci e sistemi di copertura), al quale si somma il degrado interno accompagnato da un uso degli spazi quantomeno discutibile, con un notevolissimo carico d’incendio per la diffusa presenza di scaffali, i quali oltre a ridurre i percorsi di fuga non consentono una regolare lettura dei luoghi e la necessaria verifica degli spazi. Si rileva anche una vistosa lesione verticale sulla facciata principale, forse generata da infiltrazioni di acque piovane per il non perfetto sistema di tenuta dei tetti.
L’opera architettonica rappresenta un raro esempio di architettura municipale in stile Liberty. Così, mentre l’immobile attende invano l’intervento di restauro, il Comune pensa ad un intervento di eliminazione di barriere architettoniche per rendere accessibile l’unico piano in elevato presente nella struttura. Su istanza di un articolista comunale, senza titolo alcuno per la presentazione della richiesta, viene inoltrata quindi istanza alla Soprintendenza di Agrigento per ottenere l’autorizzazione per collocare un elevatore all’interno di alcuni vani del Municipio allegando una scheda tecnica indicante le caratteristiche dell’impianto, una fotocopia del prospetto principale del palazzo, una pianta del piano terra e una del primo piano con un cerchio indicativo dell’area interessata alla collocazione dell’elevatore, nonché uno schema grafico in piante e sezione dell’elevatore. In tutta la documentazione presentata dall’articolista comunale non si rileva in alcun modo che l’intervento richiesto interessa un Bene Culturale e come tale vincolato ai sensi del D.lgs. 42/2004. Vi è di più. Non esiste uno studio di compatibilità sull’intervento proposto: non esistono grafici di progetto né una relazione storica dell’edificio: elementi tutti indispensabili per poter fare una valutazione quanto più possibile corretta sulla proposta avanzata di collocare un elevatore all’interno di alcuni vani del Municipio. Non si rileva, infine, uno studio in cui si delineano altre possibili soluzioni alternative. Insomma, non esiste neanche una descrizione delle opere da realizzare in occasione della collocazione dell’elevatore e non esiste un computo metrico estimativo dei lavori da realizzare, così davalutare a quali interventi di demolizione sarà sottoposta la porzione del monumento oggetto“.

Quanto – prosegue nella durissima lettera l’architetto Di Franco – sopra purtroppo anche in spregio al Regio Decreto n. 2537 del 23 ottobre 1925, ed in ultimo alla sentenza del Consiglio di Stato n. 21/2014, che prevede l’esclusività degli architetti per interventi sugli immobili di pregio storico-artistico. Il tecnico articolista del Comune firmatario dell’istanza è infatti un geometra. Inspiegabilmente, in possesso quindi, lo possiamo dire, di un semplice desiderio del firmatario dell’istanza (quanto trasmesso non può essere considerato una proposta progettuale), codesta Soprintendenza emette un provvedimento di autorizzazione n. 5489 del 31/05/2017 identificando, a torto, l’area oggetto dell’intervento come una zona non riguardante una parte della struttura storica di valenza architettonica destinata a semplice archivio quasi come se la destinazione d’uso determinasse la valenza architettonica di tutto o parte di un bene culturale, senza considerare, tra l’altro, che il vano a piano terra da sottrarre all’uso per ospitare l’elevatore è stato per anni l’ufficio dei messi comunali e il soprastante vano a primo piano è l’ufficio della Presidenza del Consiglio Comunale. La suddetta autorizzazion, approva di fatto la demolizione del solaio del vano dell’ufficio di Presidenza, l’esecuzione di uno scavo di fondazione a piano terra e tutte le opere accessorie, senza però una attenta valutazione dell’integrità architettonica del Bene da tutelare e senza una proposta o valutazione alternativa al superamento della barriera architettonica ricorrendo ad un diverso sistema (montascale, ecc.) o attraverso una diversa collocazione e/o un tipo di elevatore differente.
Si ritiene necessario infatti, nella considerazione che l’edificio non ha mai subito negli anni alcun stravolgimento, che per tutto l’edificio vada pensata e studiata una progettazione unitaria di superamento delle barriere architettoniche, ad iniziare dal piano terra, dove la presenza di due scivoli in legno posti all’esterno del monumento mortificano l’architettura stessa dell’edificio. Si ritiene altresì che l’accesso senza barriere debba avere avvio sul lato dell’edificio posto nella via Marconi, approfittando del favore del dislivello e proseguire poi all’interno del municipio; quindi, mediante l’uso di un montascale posto nel vano scala o di un ascensore posto nella chiostrina interna magari del tipo a vista con accesso diretto in una delle aperture presenti al primo livello verrebbe offerta la possibilità di raggiungere senza barriere il primo piano.
Posto quanto sopra, nella consìderazìone che il provvedimento di codesta Soprintendenza n. 5489 del 31/05/201 per i motivi sopra evidenziati è da ritenere nullo, chiede alla Soprintendenza di valutare la possibilità di annullare urgentemente in autotutela il provvedimento invitando l’Ente locale a formulare una proposta complessiva l’intervento che preveda sia l’eliminazione delle barriere architettoniche sia tutti gli interventi necessari ai fini della tutela del bene, significando che ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. 42/04 la Soprintendenza, qualora lo ritenga necessario, può imporre gli interventi di restauro necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali, ovvero provvedervi direttamente. Al Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Servizio 5 – Tutela e Acquisizioni, cui la presente è inviata, si chiede una propria valutazione sull’argomento esposto per quanto di specifica competenza, in ordine all’attività di vigilanza sui Servizi dipartimentali. Al Presidente dell’Ordine degli Architetti si chiede un autorevole intervento nella carica rivestita, a tutela delle specifiche competenze ed esclusività professionali degli Architetti”.

Dopo questo durissimo atto di accusa vediamo cosa accadrà. Ma il caso è scoppiato.

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