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Mafia agrigentina: “Cosa Nostra” riveste ancora un ruolo di supremazia

Nel panorama criminale della provincia, caratterizzato dalla presenza di diverse organizzazioni di matrice mafiosa, Cosa Nostra continua a rivestire un ruolo di supremazia, evidenziando un’organizzazione strutturata, verticistica ed ancorata alle tradizionali regole mafiose“.

Inizia così, per quanto riguarda il territorio agrigentino, la “Relazione semestrale” con la quale la Direzione Investigativa Antimafia informa la collettività sull’andamento del fenomeno mafioso e sui risultati conseguiti.

La relazione pubblicata stamani, che prende in esame l’ultimo semestre dello scorso anno, rappresenta un contributo essenzialmente conoscitivo, maturato nella consapevolezza che la mafia è un fenomeno complesso di difficile lettura, che va innanzitutto ben compreso, poi interpretato e quindi contrastato, tenendo sempre a mente la massima che Giovanni Falcone auspicava fosse scolpita sullo scranno di ogni magistrato o poliziotto: “possiamo sempre fare qualcosa”.

In particolare, dalle attività investigative e informative emerge come anche Cosa Nostra agrigentina stia vivendo una fase di riassetto degli equilibri interni, con disegni di rimodulazione delle articolazioni. Tale riassetto è attribuibile, in primo luogo, ai numerosi arresti effettuati a seguito di operazioni di polizia, nonché ai decessi e alle scarcerazioni di uomini d’onore, i quali, tornati in libertà, hanno interesse a riprendere le loro posizioni di potere.

Secondo la relazione, “nella provincia, l’organizzazione continua ad essere strutturata su famiglie e mandamenti, la cui “competenza territoriale” appare, ora, improntata ad una maggiore “fluidità”, determinata da convenienze di economia criminale“.

Per quanto riguarda, invece, la  cosiddetta “Stidda”, si registra come tale organizzazione, pur rivestendo rispetto a Cosa Nostra un ruolo marginale, continua a conservare posizioni di rilievo nel contesto della criminalità organizzata agrigentina. Ad oggi è presente soprattutto nei territori di Bivona, Camastra, Campobello di Licata, Canicattì, Naro, Palma di Montechiaro, Favara e Porto Empedocle. Per quanto persegua una politica di basso profilo – evitando quanto più possibile ostentazioni violente o gesti eclatanti cercando, al contempo, di mantenere anche un certo consenso sociale – la consorteria mafiosa agrigentina continua a manifestare dinamismo e una notevole potenzialità offensiva. Riflesso di questa strategia silente è l’infiltrazione del tessuto socio-economico in modo sempre più subdolo e pericoloso, riciclando ed investendo cospicui capitali, in Italia e all’estero, in svariate attività, come quella delle energie alternative o dello smaltimento dei rifiuti“.

In particolare – continua la relazione semestrale della DIA – la penetrazione delle consorterie mafiose locali nell’ambito dei pubblici appalti è una tra le più tradizionali e marcate attività illegali del territorio. In genere, l’infiltrazione avviene attraverso turbative delle gare d’appalto, ma sempre più di frequente è esercitata anche nella fase esecutiva dei lavori, con l’imposizione alle ditte aggiudicatarie del pagamento di una somma di denaro, al fine di garantirsi il regolare svolgimento dei lavori, oppure con l’imposizione della fornitura di materie prime o della manodopera“.

Rilevante interesse riveste anche il giro del racket e del fenomeno del gioco e delle scommesse on-line, nonché attività dedite alla produzione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

 

 

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