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Regioni ed Enti Locali

Messina (CCIAA): “Urge un piano strategico attento alle trasformazioni socio-economiche di Agrigento”

vittorio-messina“Un Piano strategico attento alle trasformazioni socio-economiche della città è quanto attendono da tempo tutte le categorie economiche che compongono il tessuto imprenditoriale agrigentino”.

E’ quanto scrive il presidente della CCIAA di Agrigento, Vittorio Messina (in foto), che aggiunge:
“La necessità di guardare al territorio come sistema e non solo ad alcune delle sue componenti, anche quando di notevole rilievo, si riflette infatti sulla organizzazione e sulla pianificazione del territorio urbano contemplando l’esigenza di dotarsi di un Piano che sia più attento alle trasformazioni socio-economiche della città.
L’accelerazione ai cambiamenti, promossa dai processi di decentramento amministrativo, ha avvicinato il governo del territorio al cittadino, sollecitando notevolmente l’attività di pianificazione dei comuni. Ma le condizioni di operatività di un Piano Regolatore Generale sono oramai assai ridotte e riguardano sostanzialmente la gestione degli interventi sulla città esistente, nell’ambito di quelle azioni di manutenzione e recupero del patrimonio edilizio, che si possono ritenere opportune ma non certo determinanti per lo sviluppo della città.
Soprattutto in una città di complessa struttura, come Agrigento, occorre adottare un approccio che possa rappresentare il punto di coagulo delle trasformazioni di ampio respiro e che sia in condizione di superare il momento della pianificazione esclusivamente fisica del territorio.
Se all’origine della pressante necessità di dare piena attuazione al PRG c’è la consapevolezza che le politiche di riqualificazione urbana rappresentano un elemento decisivo per lo sviluppo della città, come strumento orientato soprattutto all’integrazione di fattori economici e sociali, tocca al Piano strategico portare avanti un progetto di pianificazione integrale, perché solo nel Piano c’è un riferimento temporale forte e ragionare su quella data vuol dire guardare lontano. Un altro punto forte del Piano strategico è rappresentato dalla produzione di un bene pubblico di tipo immateriale che è il dialogo e la visione consensuale attorno a certi obiettivi . Il Piano, infatti, torna a dare respiro alla progettualità locale.
Il Piano strategico, infine, è un tentativo per dare una risposta alla domanda che sentiamo circolare all’interno della nostra comunità, che è una domanda di ispirazione, una domanda di disegno di futuro condiviso, una domanda di politica che non si esaurisca sulle buche e sugli asfalti, sui marciapiedi e sulle cosiddette aree verdi. Nel Piano strategico c’è il respiro della politica vera, quella del confronto sui temi dello sviluppo, sulle progettazioni infrastrutturali, sulle grandi scelte.
In definitiva, con il Piano Strategico si propone un cambiamento di orizzonte della politica locale, anche temporale, con il quale bisogna per forza fare i conti; chi rifugge da questo nuovo orizzonte si fa del male e, quel che più conta lo fa alla città.
La città, insomma, deve guardare al futuro con una intenzione e una capacità anticipatoria. Per fare questo, bisogna scegliere di valorizzare e rendere attuali le proprie identità e le proprie vocazioni. E di valorizzarle attraverso un processo partecipativo, negoziale, in grado di dare risposte convincenti ad una domanda di ispirazione sul futuro lontano; ma anche ad una domanda di concretezza, dove alle prospettive di uno sviluppo condiviso corrisponda una assunzione diffusa di responsabilità. Assenza di qualità urbana, degrado, debolezza del processo di formazione delle decisioni, crisi occupazionali in atto o situazioni di declino annunciato, riformulazione delle classiche gerarchie dei poteri amministrativi in un quadro fiscale che non consente di considerare ulteriormente la spesa pubblica come variabile indipendente delle politiche pubbliche sono, in sintesi, le principali questioni con le quali le Amministrazioni locali debbono confrontarsi.
Su questo sfondo si colloca il particolare momento di una città, che deve proporre all’agenda politica e alle categorie economiche e sociali la rimodulazione del processo di pianificazione strategica, per sviluppare una riflessione radicale e complessiva su un disegno di crescita della città, che va declinata ricercando e assicurando le interdipendenze fra discipline settoriali ma anche valorizzando l’intelligenza diffusa, vale a dire il capitale di conoscenze specifiche, di competenze relazionali, di capacità di riflessione su di sé che appartiene alla dimensione collettiva. .
Non si tratta solo di corrispondere ad una crescente domanda diffusa di trasparenza, di partecipazione o, in una parola, di ulteriori contenuti di democrazia. Certamente il carattere peculiare del processo di pianificazione strategica sta nella sua dimensione partecipativa, vale a dire nel suo essere impostato, costruito e, poi, tradotto operativamente attraverso una relazione strutturata fra i portatori di interessi della città.
Questo passaggio è decisivo, nel senso che il Comune si presenta ad un tavolo di confronto con enti, associazioni, categorie, altri Enti, portatori di interessi, con un punto di vista formalizzato, ma vuole che la concezione e le strategie di crescita della città – così come gli obiettivi e le misure attraverso cui dovranno concretamente realizzarsi – siano fissate attraverso un confronto che sappia definire prima di tutto la posta in gioco e sappia poi perseguirla come obiettivo condiviso.
Ciò significa, insomma, non negare, ma esplicitare e utilizzare la complessità come una risorsa e il carattere anche conflittuale degli interessi come valore ad elevato potenziale”.

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