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Racconti d'Estate

“Racconti d’Estate”: la terza parte del racconto “Questione di corna” di Giuseppe Graceffa

foto giusepppe GraceffaRacconti d’Estate“, la rubrica settimanale di Scrivo Libero, volge al termine con la pubblicazione dell’ultima parte del racconto “Questione di corna” dello scrittore aragonese Giuseppe Graceffa (in foto), un autore poliedrico che predilige spaziare con disinvoltura tra generi letterari diversi, dal realismo alla fantascienza, nonché tra stili di scrittura differenti, dal romanzo al racconto, dalle sceneggiature ai saggi.

Finalista in diversi concorsi letterari, ha pubblicato un saggio cinematografico sulla trilogia di Matrix e un romanzo fantasy dal titolo “Il Sigillo di Khor” edito dal gruppo editoriale Twins Edizioni & David And Matthaus, disponibile in libreria o al seguente link.

Si conclude così la rubrica “Racconti d’Estate” che per tutta la stagione estiva ha visto la pubblicazione a puntate dei racconti inediti dove il tema centrale resta la Sicilia, una terra di contraddizioni, di forti asprezze e di languide malinconie. Un ringraziamento particolare va all’autore, Giuseppe Graceffa, che ha saputo raccontare storie e aneddoti di una terra dalle mille contraddizioni. A lui, da parte della redazione e dei nostri lettori, un vivo in bocca al lupo per tanti meritati successi futuri.

Dopo il grande successo di “Grano Duro”, “Dottore Licata” e “La Truscia”, oggi la terza, ed ultima, parte del racconto “Questione di corna“:

“QUESTIONE DI CORNA”
PARTE TERZA

Uno dei presenti, un signore di mezz’età che indossava un abito elegante ma di modesta fattura, e che se ne stava appoggiato tranquillamente al bancone mentre guardava fuori dal locale, si ricompose immediatamente e si avvicinò ai due con il miglior sorriso che riuscì a sfoderare stampato sul volto
– cosa prende professore? – chiese amichevolmente
– ti ringrazio caro, ma sono con un amico – si schernì il professore,
Quello però non aveva intenzione di demordere – che vi prendete allora? – continuò a chiedere
– ma no, grazie, sarà per un’altra volta – rispose a sua volta il professore
– ma allora mi vuole offendere professore – esclamò l’uomo mostrando un’espressione contrita
– non sia mai – disse allora il buon Cinquemani arrendendosi all’insistenza dell’uomo
– prendiamo due caffè –
A quelle parole, l’uomo sembrò immediatamente più sollevato, riacquistò il sorriso e si rivolse direttamente al barista – Gianni, i caffè del professore e del suo amico sono pagati – disse porgendo alcune monete al barista che si era portato alla cassa.
Dopo aver pagato l’uomo salutò il professore e Antonio con una stretta di mano e uscì dal locale lasciando i due da soli mentre il proprietario del bar preparava i caffè
– leggo La Voce ogni giorno – disse il professore sollevando la tazzina – e mi soffermo sempre sui tuoi articoli – continuò dopo una breve sorso – del resto lo sapevo che saresti potuto diventare un buon giornalista, e in effetti non mi sbagliavo –
– ah vossia è troppo buono professore – Antonio non era mai stato bravo a gestire i complimenti, li trovava quasi sempre forzati e ogni volta che ne riceveva uno immaginava che la persona che glielo rivolgeva pensasse tra se che era facile abbindolare quello sciocco con qualche parola gentile. Naturalmente non era certo il caso del professore, una persona che gli aveva mostrato la sua stima in tempi non sospetti, tuttavia quella strana sensazione che lo prendeva ad ogni complimento ricevuto si presentò anche in quella occasione, anche perchè l’ex sindaco del paese continuò nei suoi elogi anche quando, dopo aver salutato tutti i presenti, i due uscirono dal bar per fumare una sigaretta all’aperto, obbligatoria dopo un buon caffè.
– e poi hai fatto degli articoli interessanti – riprese il professore assaporando il fumo che gli scendeva nel petto.
Antonio continuava a sentirsi in imbarazzo e non sapeva come rispondere. Si era sempre detto che gestire gli elogi era una caratteristica che chiunque volesse puntare in alto nella società doveva saper affrontare con disinvoltura. Ma ancora una volta la sua natura ebbe il sopravvento sui suoi propositi
– Vi ringrazio ma è stata solo fortuna – disse pentendosi immediatamente di quelle parole che invece di esaltare il suo lavoro e magnificare le sue capacità, svilivano la sua professionalità
– ma che fortuna e fortuna – protestò il professore – tu hai stoffa ragazzo mio, lasciatelo dire da una persona che conosce le persone – concluse spegnendo la sigaretta a terra con la suola della scarpa.
Antonio colse la palla al balzo e si affrettò a chiedere – a proposito di conoscenze, immagino che vossia conosceva Butera vero? –
– certo che lo conoscevo – rispose l’anziano – ho seguito tutta la sua carriera politica, ma vieni, accompagnami a casa che parliamo – disse prendendo nuovamente Antonio a braccetto.
Lentamente si lasciarono alle spalle la piazza e si diressero verso l’abitazione dell’ex sindaco che fortunatamente si trovava poco distante, in un antico palazzo corroso dal tempo. L’appartamento posto al secondo piano era molto grande e con stanze molto spaziose alle cui pareti pendevano diversi quadri di ogni grandezza che denotavano l’amore per l’arte del suo ex insegnante. La moglie, donna Maria, era morta molti anni prima ed il suo ospite spiegò ad Antonio che era una domestica a tenere perfettamente in ordine quella grande casa, che effettivamente era tenuta perfettamente anche se si notava la mancanza ed il tocco della padrona di casa che avrebbe conferito la sua personalità in ogni angolo dell’abitazione.
I due uomini si sedettero nello studio del professore dopo che questi offrì un sigaro al suo giovane amico e ne imboccò a sua volta uno. Lo accese lentamente e con cura e, dopo le prime boccate, l’ex sindaco riprese la conversazione che avevano interrotto in piazza
– ricordo ancora quando Butera cominciò a fare i primi passi nella politica. Me ne ricordo
anche perché in quel periodo ero già stato sindaco e facevo politica da parecchio. Comunque, tornando a Butera, quando si presentò alle elezioni per consigliere comunale, io ancora non lo conoscevo ed ebbi occasione di vederlo in una delle riunioni che si tenevano quasi giornalmente in quel periodo per sistemare le cose. Ricordo che, nonostante fosse un semplice candidato, si affannava a voler dire la sua in ogni questione, come se davvero si sentisse già un politico affermato –
– un bel tipo direi – osservò Antonio
– già, ricordo che quel suo atteggiamento mi diede fastidio anche se, sicuramente, lo metteva in risalto. Insomma non era certamente uno anonimo il nostro Butera –
– quindi si capiva sin dall’inizio che avrebbe avuto buone possibilità di carriera politica -chiese Antonio spostandosi nervosamente sulla poltrona
– beh carriera politica non direi. Era in effetti intraprendente e molto attivo, ma non mi sembrava, a quel tempo, un tipo che potesse fare carriera. E anche dopo che fu eletto al consiglio comunale questa impressione rimase la stessa. Non sapeva parlare, e mi sembrava anche alquanto ingenuo.-
– ah quindi fu eletto già quella volta? – chiese ancora Antonio
-si si. Il padre aveva un’impresa edile con diversi dipendenti e quindi non fu difficile ottenere i voti per essere eletti – rispose il professore
– Capisco –
– Ricordo anche come si fece il giro delle sezioni per controllare i voti ottenuti in ogni singola sezione e confrontarli con i voti che avrebbe dovuto avere. –
– Beh è normale, no? – chiese Antonio
– Si certo, ma quello che mi colpì fu la sua arroganza. Ricordo che cominciò a sbraitare quando si accorse che in una sezione gli mancavano dei voti
Il professore aspirò dal sigaro è rilasciò il fumo soffermandosi un attimo ad osservarne le spire che si fondevano in aria, come se con la mente stesse ritornando a quegli episodi che aveva vissuto
– comunque, da allora non lo fermò più nessuno – continuò l’anziano professore – fece accordi con la gente giusta, cominciò a fare favori a destra e a manca e insomma, in breve tempo arrivò alla regione
– è stato in gamba allora – riflettè Antonio a voce alta
Il professore si abbassò gli occhiali sul naso e lo guardò negli occhi – non direi visto com’è finito –
Antonio a quel punto pensò che era l’ora di gettare l’amo e vedere se qualche pesce abboccava – si ma poteva capitare a tutti la disgrazia che ha avuto –
Il professore abbozzò un sorriso e si alzò lentamente dalla poltrona. Antonio naturalmente fece altrettanto, preoccupato di essere stato un po’ troppo precipitoso.
Il professore però si avviò verso una delle finestre e si mise a guardare fuori
– vedi tutta quella gente laggiù – disse indicando le persone che si allontanavano dalla piazza dopo aver assistito al funerale – non sono persone, sono pecore –
– pecore? – chiese Antonio incuriosito
– si pecore. Basta che qualcuno dica una cosa e tutti subito a belare. Come pecore appunto –
– quindi per vossia Butera non era cornuto? –
Il Professore sembrò spazientirsi e tornò alla poltrona – ma si, certo che lo era –
Antonio per un attimo temette di essere preso in giro
– ma allora fu questione di corna o no? –
L’anziano insegnante si appoggiò pesantemente allo schienale della poltrona
– L’hai vista la moglie? – chiese al giornalista il quale fece un cenno di assenso con il capo
– ti sembra possibile che una donna come quella, giovane e bellissima, sposasse uno come Butera, rozzo, ladio e ignorante, solo per amore? –
Antonio scosse la testa in senso di diniego e il professore continuò soddisfatto
– la signore qualche amante se lo teneva e sono sicuro che Bufera lo sapesse –
– ah si? – Antonio era sbalordito
– proprio così, ma a quello le corna non gli interessavano. L’unica cosa che contava per lui era il potere. Figurati se uno come lui poteva pensare di ammazzarsi solo perché era cornuto –
Antonio si guardò intorno come ad eliminare il sospetto che qualcuno potesse sentirli
– e quindi per vossia perché si è ammazzato? –
Il professore diede un’ultima boccata al suo sigaro e poi lo spense schiacciandolo in un portacenere di cristallo che si trovava su un basso tavolino
– appalti – disse semplicemente. Poi allungò un dito verso il suo interlocutore
– strade soprattutto. Quando si fanno certe promesse si deve essere sicuri di poterle mantenere. Non tutti sono pecore –
Antonio lo guardava senza dire una parola, aspettando che continuasse con le sue rivelazioni
– ma più di questo non posso dirti. Tu sei un giornalista, e sei pure bravo. Puoi continuare tu –
Il giornalista, vista la situazione decise di accomiatarsi, non prima però di aver ringraziato il suo ospite per la sua disponibilità e cortesia. Cercò con cura le parole per ringraziare il suo vecchio maestro in modo che, da un lato, non sembrasse che egli avesse parlato troppo, fin oltre il lecito, e dall’altro che ciò che gli aveva detto era stato molto interessante e che gli sarebbe stato utile sia nel lavoro che nella vita.
L’umore del professore sembrò riprendere vigore e salutò con affetto il suo ex allievo, facendogli una serie di raccomandazioni sul suo lavoro alle quali Antonio rispose con dei semplici sorrisi. Poi lo accompagnò alla porta dove, con una nuova stretta di mano, si salutarono definitivamente.
.
Durante il viaggio di ritorno riprese a pensare al funerale e a quello che gli aveva detto il professore, soprattutto al fatto che i motivi che hanno spinto l’onorevole Butera al suicidio potevano non essere personali o familiari, ma di natura politica o più probabilmente criminale. Sempre che di suicidio si potesse parlare.
Ripensò alla moglie del defunto, una donna davvero affascinante e che, nonostante il lutto, era sempre bellissima. Certo, una donna così avrà avuto parecchi corteggiatori, pensò Antonio, e forse aveva veramente tradito il marito. Probabilmente non era corretto pensare certe cose di una donna che aveva appena perso il consorte, si disse, tuttavia il pensiero che lei potesse aver avuto avventure con altri uomini finì per intrigarlo a tal punto che cominciò ad immaginarla non solo tra le braccia di diversi amanti, ma anche tra le sue. Inutile negarlo, era rimasto affascinato dalla signora Butera, e immaginare i suoi eventuali tradimenti gli permetteva di pensare che potesse essere disponibile anche per lui.
Ripensò a quello che era successo, al funerale, alle dichiarazioni dei politici, alle rivelazioni del professore e appena giunse, ormai in serata, alla stazione di Palermo, il suo articolo era quasi pronto.
Si accese una sigaretta e si avviò verso il giornale. A quell’ora la redazione era in continuo fermento. Andò dritto alla sua scrivania e fini di scrivere a macchina l’articolo che consegno nelle mani del caporedattore.
L’uomo, che se ne stava seduto alla sua scrivania lesse l’articolo con attenzione
-questione di corna quindi? – chiese senza staccare gli occhi dal foglio
Antonio fece un sorriso tirato – questione di corna – confermò.

Giuseppe Graceffa

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Copertina il sigillo di khor

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