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Lavoro Regioni ed Enti Locali

Lavoro, in Sicilia solo uno su quattro è occupato

lavoroRisale a meno di un mese fa la notizia che l’economia siciliana era finalmente data in ripresa.

Il merito era stato dato al Jobs Act che aveva, secondo le notizie circolanti, reso più semplice l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro con un incremento generale di circa 31 mila unità. Ma allora come mai è di questi giorni la denuncia dei sindacati che evidenziano come i non occupati siano saliti al 40%? Il quadro è ancora più inquietante se lo si confronta con la media europea che è del 16%.

Secondo queste stime sarebbe solo un siciliano su 4 lavora. Un dato inquietante che si interseca con il trend della richiesta di finanziamenti, magari anche solo un prestito 1000 euro per arrivare alla fine del mese. Insomma uno sfacelo in poche parole. Ma non è tutto, perché a rendere ancora più drammatica la situazione ci si mette anche il lavoro sommerso, o in nero che dir si voglia, attestato a circa il 25% secondo l’Istat. Secondo l’Eurostat la Sicilia sarebbe all’ultimo posto per tasso d’occupazione in Europa. Ma allora non va tutto bene come si vuol far credere.

Allora la tanto conclamata ripresa che fine ha fatto? Non sarà che forse ci si è illusi di aver superato lo zoccolo duro di questa interminabile crisi? O che forse si è stati un po’ troppo ottimisti davanti a dei dati che, probabilmente, in principio erano anche positivi ma che poi, evidentemente, si sono arrestati arrivati a un certo punto. E sono soprattutto i giovani tra i 18 e 24 anni a non lavorare, né tanto meno a seguire corsi di formazione o altro. E qui si ritorna alla solita solfa della fuga dei cervelli, di giovani talenti che abbandonano l’isola in cerca di fortuna soprattutto all’estero. Le difficoltà, anche per l’avvio di un’attività in proprio non mancano, e di fatto sono poche le semplificazioni burocratiche (visti anche gli obblighi sulla partita iva comunitaria, ecc)

E le famiglie? Un altro disastro. Le famiglie in condizione di povertà sarebbero circa 250 mila, laddove per soglia di povertà s’intende la mancanza di possibilità economiche per un’esistenza dignitosa. Pesanti le accuse ella Cisl verso la classe politica regionale, ma le colpe sono da spalmare equamente tra Regione e Stato, almeno per non aver fatto, forse, abbastanza per uscire da questo tunnel.

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