Confermata dai giudici della Corte di Appello di Palermo la sentenza di primo grado che aveva inflitto sei condanne nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti essere coinvolti nell’inchiesta denominata “Ponos” su una presunta associazione a delinquere che avrebbe sfruttato lavoratori nei campi agrigentini.
Restano in carcere le due principali indagate nell’ambito dell’operazione “Ponos” che ha portato all’arresto di otto persone accusate di associazione a delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento del lavoro.
I giudici del Tribunale del Riesame, dopo il ricorso presentato dai difensori di alcuni indagati nell’ambito l’operazione “Ponos” sul fenomeno del caporalato nelle campagne fra Agrigento e Licata, hanno escluso sotto il profilo indiziario i reati di associazione e delinquere e favoreggiamento della permanenza dei clandestini.
Avrebbero negato e smentito tutto. Si tratta di due delle tre presunte vittime che sarebbero state costrette a lavorare in campagna per pochi euro in condizioni pessime.
Una vera e propria organizzazione dedita al reclutamento di personale da destinare al lavoro sui campi. Questa l’accusa per le due donne, madre e figlia, ritenute essere al centro dell’operazione effettuata dai militari dell’Arma dei Carabinieri per il contrasto al fenomeno del caporalato nelle campagne agrigentine.