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Italia

Tempo di bilanci per Know How, cosa chiedono gli italiani?

Anche in Italia è possibile innovare un settore come quello delle professioni legali ed economiche? In un paese in cui il passaparola è ancora il mezzo più diffuso per la ricerca di competenze e dove gli Ordini stabiliscono in maniera molto rigida la direzione che il mercato deve prendere, che margine di manovra c’è per quei prodotti e servizi che offrono soluzioni tecnologicamente avanzate per avvocati, commercialisti e tutte le figure consulenziali di ambito aziendale e finanziario?

A queste ed altre domande cerca di dare una risposta la squadra di Know How, la startup che da poco più di un anno si è presentata sul mercato con un pacchetto di servizi che favorisce la visibilità di esperti del ramo economico-legale.

Dopo i primi 12 mesi è tempo di fare un primo bilancio, che porta necessariamente a qualche riflessione sulle abitudini, le paure e le speranze che interessano gli italiani in questo tempo di continue incertezze. Una riflessione inevitabile per un’app che facilita l’incontro tra persone e che si fa carico di tutte le ansie e le problematiche che assillano imprenditori presenti e futuri, privati cittadini e tutti coloro che sono in cerca di risposte ai propri dubbi o soluzioni per i propri problemi, e che all’impersonale e generalista ricerca sul web preferiscono il confronto con professionisti competenti e capaci di offrire un supporto rapido.

In questi 12 mesi Know How ha riunito una community di oltre 2000 persone, con professionisti di tutta Italia, pronti a rispondere alle domande più varie, con lo scopo di mettere in mostra le proprie competenze, il proprio know-how, ed avviare nuove relazioni professionali. Ma quali sono le problematiche avvertite dagli italiani, i dubbi su cui maggiormente si ingarbugliano i pensieri? Ce ne parla Vincenzo Ciulla, CEO di Know How, con una lunga esperienza nella consulenza di impresa in società quali PricewaterhouseCoopers, Ferax Merchant Spa e WIP (World Investment Finance): “Le domande che ogni giorno si fanno su Know How ci dicono che gli italiani hanno voglia di fare, cercano supporto alle proprie idee imprenditoriali, cercano risposte rapide e personalizzate, in grado di stemperare le ansie che nascono quando ci si scontra con un sistema burocratico difficile da sbrogliare. Il tema del lavoro è molto sentito: sia da parte degli imprenditori che vogliono fare le loro scelte in maniera più consapevole, sia da parte dei lavoratori che voglio saperne di più su argomenti quali previdenza, contrattualistica e diritto del lavoro. Poi c’è il tema della famiglia, la casa ed ovviamente il fisco, uno dei temi più caldi che interessa la quotidianità dei cittadini italiani. Tante anche le richieste di supporto da parte di coloro che sono intenzionati a fare impresa”.

Il fare impresa è solo uno dei canali dove si svolgono le interazioni all’interno di Know How. A sostegno di questa specifica necessità è stato predisposto un programma dedicato di business assistance che da un lato si rivolge a chi vuole realizzarsi come imprenditore dando concretezza alle proprie idee ed ai propri sogni ma che vuole affidarsi ad un canale alternativo rispetto a quelli del crowdfounding. Dall’altro lato, ci si rivolge ai professionisti, a coloro che scelgono di proporsi come figure di riferimento per gli aspiranti imprenditori, consulenti d’impresa che sposano la formula del success fee, una pratica anglosassone che per il lavoro di consulenza prevede commissioni al raggiungimento degli obbiettivi. Una pratica non molto diffusa in Italia, che tuttavia ha il merito di generare dei processi positivi, riuscendo a responsabilizzare tutte le parti coinvolte.

“Al centro di Know How ci sono le persone – continua Vincenzo Ciulla – sono loro il valore aggiunto di qualsiasi dinamica che si possa instaurare in un processo di crescita imprenditoriale, e non solo. Il nostro è un modello la cui efficacia è fuori di dubbio, ma fatica ad essere compreso perché le persone, siano esse clienti, avvocati o commercialisti, sono abituate a pensare in termini di parcelle prima di qualsiasi altra cosa. Nella nostra community prima dei preventivi ci sono le competenze, che servono per elaborare delle soluzioni, perché ogni parcella andrebbe misurata sugli obbiettivi, come accade nelle aziende dove il valore delle persone è direttamente proporzionale alla loro capacità di raggiungere gli obbiettivi fissati. Non stupisce, allora, che una realtà come la nostra – dove i professionisti si presentano innanzitutto con la loro esperienza, finisca per disorientare gli utenti.

Vorrei poter raccontare le tante richieste che ci arrivano da coloro che dopo aver ricevuto supporto sulla piattaforma, restano letteralmente a bocca aperta quando scoprono che nessuno chiederà loro un euro. A questi fanno da contrappeso i professionisti che invece si lamentano di dover pagare un servizio solo per dare risposte senza nulla poter chiedere. Tutto questo la dice lunga sulle abitudini degli italiani. Bisogna invertire la rotta, bisogna iniziare a pensare in termini di investimento che un professionista, che si definisca realmente libero, è chiamato a fare innanzitutto su sé stesso. Lo sanno molto bene quelli che per scelta lavorano con partita iva, a vario titolo”. Questa è la vera sfida per la startup abruzzese: riuscire a superare il modello imposto dalle altre piattaforme, le quali alimentano il mercato dei servizi ai professionisti con sistemi basati interamente sul tradizionale modello di comparazione di preventivi e parcelle. Su Know How il focus è spostato sulle competenze e sull’esperienza, perché insistere sulla richiesta e comparazione di preventivi vuol dire svilire e mercificare la proprietà intellettuale che professionisti come avvocati, commercialisti e consulenti esprimono ogni giorno nell’esercizio del proprio lavoro. L’innovazione delle professioni intellettuali, per definirsi realmente tale, necessita di portare queste professionalità ad un altro livello di proposta sul mercato che non è quello dei saldi stagionali.
Buoni i ragionamenti, ma nei fatti? Una testimonianza significativa arriva proprio da Know How, che all’interno della sezione Project ha incubato e seguito la Metodo Loney Srl, società proprietaria di alcuni innovativi dispositivi per il benessere del corpo. In 10 mesi un’idea innovativa è uscita dalle stanze di un appartamento e si è fatta impresa, arrivando all’apertura di oltre 20 venti centri tra Italia e Svizzera, ed ora si avvia alla fase scaleup con le nuove aperture nazionali ed internazionali ed un mercato che ha risposto molto positivamente alle prime sollecitazioni. E Know How? Il primo trimestre del 2019 si è chiuso con l’acquisizione del 30% della Metodo Loney.

I primi 12 mesi di storia di Know How ci raccontano di un’esperienza che si muove su canali alternativi, seguendo delle rotte diverse da quelle consolidate ma che portano ad un medesimo obbiettivo: favorire la visibilità della propria professionalità e raccogliere nuove collaborazioni, sia intese come acquisizione di nuovi clienti, sia come confronto aperto con altre professioni, da cui possono nascere inaspettate e fruttuose collaborazioni. Il mercato dei servizi che si rivolgono alle professioni economico-legali è in forte espansione, questo è un dato certo. Si tratta di scegliere i canali che meglio esprimono la propria natura di professionista, una scelta che ricade su quelli tradizionali, che veicolano prezzi in una guerra al ribasso, e che forse favoriscono un ritorno immediato di clientela ma sviliscono il proprio ruolo nella società, oppure è possibile scegliere canali diversi, non si dice migliori o peggiori ma semplicemente diversi, il cui ritorno probabilmente ha un ciclo di vita più lungo ma valorizzano le proprie competenze ed il proprio sapere, acquisito con una lunga formazione ed esperienza.

www.knowhow.it

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