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Un nuovo libro per lo scrittore agrigentino Roberto Pecoraro

Si intitola “Breath” ed è edito da Algra Editore. Per Pecoraro è il secondo romanzo. Il primo, “Leggera come l’abisso”, lo aveva pubblicato per Leucotea Edizioni.

Roberto Pecoraro, agrigentino doc, è nato nella città dei Templi dove ha vissuto sino al 2009 per poi trasferirsi a Milano, ma con la città natia rimane legatissimo.

“Posso garantire di averci messo tutta la cura possibile e spero di meritare la fiducia di chi lo leggerà – dichiara Pecoraro-. Vorrei ringraziare di cuore l’editore Alfio Grasso per aver creduto sin dall’inizio in questo lavoro – dichiara Pecoraro – Un ringraziamento particolare all’amico Alberto Nason per avere disegnato questa meravigliosa copertina e al carissimo Crocifisso Dentello che mi ha onorato scrivendo la quarta.”.

Così l’incipit del romanzo: “La notte stava per iniziare a ruggire tra gli alberi. Elisabetta moriva, gli occhi si spegnevano, tra le palpebre, mentre gli ultimi brandelli di luce scomparivano tra le nuvole. Il “boschetto della droga” era ormai vuoto. sconfinato. Gli sbirri l’avevano sgomberato. Gli sbirri! Il boschetto era stato l’imbocco dell’inferno, il primo foro nella notte che le si spalancava dinnanzi. Moriva sotto un cavalcavia della tangenziale, immersa nel cielo grigio di una giornata a metà tra l’inverno e la primavera. Moriva. Ridotta a un ammasso di ossa che si abbandonavano. Eppure avrebbe fatto di tutto per avere un’altra dose e non le interessava nulla della primavera, dell’aria che cambiava: non le importava nulla di morire, avrebbe voluto consumare la morte nelle vene. Sino a dissolverla. […]”

Un testo articolato e profondo come scrive in copertina l’acclamato scrittore Crocifisso Dentello.

“Un testo che mette in discussione il suo stesso statuto – scrive Dentello -: “Inventare storie, intrecciare trame” non è forse un delirio di onnipotenza? Roberto Pecoraro finge di rinnegare la letteratura mentre ne dipana il gomitolo. Il lettore viene prima sedotto da una storia di “droga, periferia, amori impossibili” e poi abbandonato nella notte delle parole. La fabula cede il passo alla voragine introspettiva di un io che scrive minato dal disincanto”.

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