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Favara, Castello in grave degrado – di Filippo Sciara

Il palazzo medievale di Favara, più comunemente detto castello, costituisce un pregevolissimo manufatto architettonico dei secoli XIII e XIV, unico nel suo genere in Sicilia, al quale guardarono i Chiaromonte per costruire il loro palazzo Steri di Palermo, che ne riproduce perfettamente lo schema di impianto architettonico.

Costruito dall’imperatore Federico II di Svevia, nel 1239, come residenza di caccia, menzionato tra i castelli del demanio regio nel 1281, entrò nell’orbita dei possedimenti della famiglia Chiaromonte nel 1282, all’inizio della guerra dei Vespri siciliani, quando il conte Manfredi I Chiaromonte usurpava la riserva di caccia reale detta flomaria Burraido o foresta regia Miseti, con il sollazzo reale (residenza di caccia) ad essa pertinente, cioè il nostro palazzo medievale. L’usurpazione del conte Manfredi I Chiaromonte veniva commutata in concessione reale dal re Federico II d’Aragona, per avere la famiglia Chiaromonte aiutato gli aragonesi, nella guerra del Vespro, contro gli angioini, per la liberazione della Sicilia.

La cappella palatina all’interno del castello, la più sontuosa del XIV secolo in Sicilia, nell’Ottocento visitata dal celebre architetto francese Eugene Emmanuel Viollet Le Duc, costituisce una delle più alte e significative espressioni dell’arte chiaromontana in Sicilia, che per le caratteristiche formali si richiama all’ultima tradizione arabo-normanna.

Il palazzo si trova oggi in una condizione di gravissimo e disastroso degrado, al quale noi non possiamo rimanere insensibili, per il grandissimo amore che ci lega a esso e alla storia di Favara. Tutto ha avuto inizio nel febbraio 2013, quando il sindaco Rosario Manganella dava inizio ad un progetto di pseudo riqualificazione artistica del castello per trasformarlo in museo permanente di arte contemporanea affidandolo a privati.

Il Manganella, travagliato da una profonda crisi politico-amministrativa, cosciente di non essere in grado con la sola giunta degli assessori di risolvere i problemi sociali che affliggevano Favara, pensò bene di far partecipare i liberi cittadini con la mansione di consulenti, a titolo gratuito, per la creazione di un comitato per lo sviluppo locale ed avviare un cambiamento epocale per migliorare la qualità della vita dei favaresi.

In corso di conferenza stampa, il 12 febbraio 2013, alle ore 17, il sindaco Manganella riferiva: «Il comitato per lo sviluppo locale rappresenta lo spartiacque nella storia del nostro paese, per la prima volta un’amministrazione comunale si rivolge ai cittadini per dare nuovo impulso allo sviluppo della città. Si tratta di personalità di grande rilievo che daranno suggerimento per migliorare la qualità di vita nella nostra città. Io e la mia giunta non siamo tuttologi e abbiamo ritenuto opportuno integrare con il comitato un valore aggiunto. Presto assegneremo le deleghe ai singoli componenti…è un organo collegiale e nello stesso tempo ogni singolo componente riceverà la delega su un particolare settore, giunta e comitato lavoreranno insieme». In corso di conferenza stampa il sindaco faceva girare un foglio dove i designati consulenti, in tutto nove, dovevano indicare la delega per la quale avrebbero dato il loro contributo.

Noi, che facevamo parte del gruppo, abbiamo indicato ricerca, salvaguardia e rivalutazione dei beni culturali e ambientali, il notaio Andrea Bartoli castello, l’architetto Lillo Giglia centro storico, il prof. Lillo Zarcone settore diversamente abili, la dott.ssa Adriana Bacchi turismo, il prof. Stefano Urso sport, la prof.ssa Carmela Pecoraro psicologia, Mariella Schifano volontariato, Davide Lumia problematiche giovanili e Giuseppe Nobile promozione agro-alimentare.

In merito al castello il sindaco Manganella chiariva che sarebbe stato trasformato in museo permanente di arte contemporanea e affidato al notaio Bartoli, che sarebbe stato nominato direttore artistico.

Il nostro dissenso contro il sindaco, per tale destinazione, senza nulla mostrare contro la scelta del notaio Bartoli, fu subito manifesto e in una seconda riunione, da noi fortemente voluta, in presenza dell’allora vice sindaco dott. Carlo Fanara, chiedevamo al sindaco spiegazioni e soprattutto risposte, in ragione del fatto che la nostra nomina a consulente della salvaguardia e rivalutazione dei Beni Culturali era in netto contrasto con un progetto che vedeva il castello, scrigno preziosissimo di arte e cultura medievale, profondamente svalutato e ridotto ad ospitare, in maniera permanente, opere di presunta arte contemporanea, che non avevano nulla in comune con il linguaggio dell’arte medievale. Si tenga conto che la Regione Sicilia, Assessorato ai Beni Culturali e Ambientali, con nota protocollo n. 33851, del 12 luglio 2013, aveva inviato a tutte le Soprintendenze, ai responsabili di Musei, Gallerie e Parchi archeologici della Sicilia, una lettera in merito alle iniziative culturali di arte contemporanea presso musei, Gallerie e Parchi archeologici, riportando quanto segue: «sulla portata delle iniziative e dei soggetti interessati, si invitano le SSLL a valutare con attenzione proposte di esposizioni e mostre di arte contemporanea per le quali si richiede l’utilizzo delle aree archeologiche e dei Musei, verificando il livello qualitativo in termini culturali delle iniziative, valutando l’apporto delle stesse in termini di valorizzazione del patrimonio storico e archeologico, nonché la loro compatibilità con la natura del sito o degli spazi e l’eventuale incongrua commistione con i luoghi della cultura. Quanto sopra, ancor più in relazione alla prassi invalsa di esporre in maniera permanente opere donate dagli stessi autori e artisti presso siti e musei archeologici».

La nostra opposizione al progetto del sindaco era tutta nelle parole di questa nota che abbiamo condiviso in pieno. Si sarebbe verificata una incongrua commistione e incompatibilità tra l’arte contemporanea e quella medievale del castello di Favara, pregevolissima nel panorama siciliano e italiano.

Noi, in sede di riunione con il sindaco e vice sindaco, avevamo avanzato la proposta di utilizzare il castello oltre che, come museo di se stesso, per il grandissimo valore storico-artistico che riveste, anche come centro culturale polivalente, come era stato utilizzato fino a quel tempo e come museo archeologico con esposizione di reperti antichi e medievali, provenienti dal territorio di Favara, conservati nei depositi di diversi musei siciliani, non esposti per mancanza di spazio e quindi negati alla fruizione delle persone e degli studiosi, che testimoniano il processo evolutivo di Favara nel corso dei secoli. Il sindaco si impegnava, in presenza del dott. Carlo Fanara di darci una risposta, in merito alla nostra proposta e a proseguire le riunioni con il gruppo dei consulenti per cercare di attuare un programma comune per lo sviluppo di Favara.

In realtà il sindaco Manganella, fregandosene altamente delle nostre proposte, non solo non ci forniva alcuna risposta, ma non programmava più nessuna riunione con i consulenti per trovare un programma comune e proseguiva, non curandosi nemmeno delle richieste di molti cittadini che chiedevano spiegazioni culturali e giuridiche del suo progetto di trasformare il castello in museo permanente di arte contemporanea, affidandolo al notaio Bartoli. Si capiva subito che la creazione di nove consulenti era stata fatta, in realtà, per crearne uno solo, a cui affidare e concedere il castello, mortificando la dignità morale e culturale degli altri consulenti. Il Manganella, infatti, non dette mai inizio a nessun progetto con i contenuti indicati dagli altri consulenti. Una vera e propria buffonata politica, che suscitò molte polemiche fra l’opinione pubblica e le associazioni culturali e socio-politiche di Favara che si vedevano privati di un bene preziosissimo come il castello e concesso ad un privato.

Alle richieste di molti, il sindaco, in corso di conferenza stampa, in data 20 maggio 2013, presso il castello, rassicurava che non tutto il castello sarebbe stato concesso ai privati e che la sala del collare sarebbe rimasta a disposizione delle associazioni culturali e socio-politiche, per momenti di studio e culturali, ma sempre sotto la direzione e la supervisione del notaio Bartoli, nominato direttore artistico del castello. Questa nomina pare sia rimasta solo sulla parola del sindaco e mai ratificata per iscritto, sicuramente per problemi legali in merito all’affidamento a privati di un bene pubblico tutelato, che doveva seguire obbligatoriamente (previa l’approvazione in consiglio comunale) il rito della assegnazione per pubblico concorso, come recita l’articolo n. 115 del Testo unico sui Beni Culturali DPR 42/04. Questo ostacolo giuridico veniva superato con la creazione di una associazione culturale, no profit, con nome FUN, Favara urban network, che riceveva in affidamento il castello e in data 29 giugno inaugurava le installazioni di arte contemporanea, con l’intervento di diversi autori.

Sembra che anche questa associazione non abbia mai ricevuto il castello con un atto legale firmato dal sindaco Manganella, ma solo sulla sua parola.

Noi, in nettissimo contrasto con il sindaco, in data 8 luglio 2013, con protocollo n. 29720, abbiamo inviato al Manganella, ai sensi del Decreto legislativo 33/2013, richiesta ufficiale di accesso civico agli atti, con estrazione di copia, del progetto e del relativo nulla osta del Soprintendente ai Beni Culturali ed ambientali di Agrigento, afferente al castello di Favara e alla sua trasformazione in museo di arte contemporanea. In seguito alla nostra diffida a procedere, inviata al sindaco Manganella in data 13 agosto 2013, con protocollo n. 34893, visto che la nostra prima richiesta era rimasta totalmente inevasa dallo stesso, che faceva come si suole dire l’indiano, Il comune di Favara ci inviava una lettera con data del 27 agosto 2013, con protocollo n. 35830, con la quale ci informava che gli atti da noi richiesti erano depositati presso l’ufficio di Segreteria Generale del comune di Favara, per la visione ed estrazione di copia. In data 2 settembre 2013 ci portavamo presso la suddetta sede e il funzionario addetto del comune ci permetteva di visionare la documentazione a lui trasmessa appositamente per la nostra richiesta. Verificato subito che si trattava di una documentazione insufficiente e non corrispondente ai dati da noi richiesti, abbiamo preteso e ottenuto che il funzionario certificasse la consegna dei soli documenti che ci stava rilasciando, cioè la comunicazione del sindaco alla Soprintendenza in merito alle installazioni di arte contemporanea dentro le sale del castello e gli allegati progettuali.

Abbiamo potuto rilevare che mancava Il nulla osta del Soprintendente, il progetto, lacunoso in alcune parti, era privo di validità legale perché senza data, non vistato ne timbrato da un tecnico abilitato e senza relazione tecnica che spiegasse il progetto che si stava realizzando dentro il castello. Mancavano inoltre tutti gli atti legali dell’affidamento del castello ai privati. La comunicazione del sindaco, con protocollo n. 27904, del 26 giugno 2013, risultava presentata alla Soprintendenza in data 1 luglio 2013, con protocollo n. 5166, cioè due giorni dopo l’inaugurazione delle installazioni di arte contemporanea al castello avvenuta il 29 giugno, in netto contrasto con l’articolo 146 del Testo unico sui Beni Culturali DPR 42/04, che prevede una autorizzazione preventiva da parte della Soprintendenza dei progetti e delle opere che si intendono realizzare all’interno dei beni sottoposti a tutela dallo stato.

In tale comunicazione il Manganella riferiva: «gli ambienti interni ed esterni del Castello Chiaramontano saranno utilizzati come lacation per le installazioni mobili, ed a carattere precario e provvisorio che verranno esposte dal 29/06/2013 e per la durata per qualche mese al fine di lanciare l’immagine della città all’insegna dell’arte e della architettura contemporanea; Che i giardini fin qui abbandonati e degradati saranno rivitalizzati con interventi altrettanto provvisori ed a carattere mobile e precario». Completamente insoddisfatti di tale documentazione ricevuta dal comune di Favara, ci siamo rivolti alla Soprintendenza ai Beni culturali di Agrigento, alla quale avevamo già inviato, per conoscenza, la nostra richiesta al sindaco del 8 luglio 2013, ripresentata in data 9 settembre 2013.

La Soprintendenza con lettera del 15 luglio 2013, protocollo n. 4234, ci comunicava che gli atti da noi richiesti erano già pronti per la visione ed estrazione. Negli atti consegnatici dalla Soprintendenza di Agrigento, prendevamo coscienza di due importanti documenti, che il Manganella aveva incredibilmente omesso alla nostra consegna ed occultato. Il primo documento riguardava una lettera che il sindaco Manganella aveva inviato alla Soprintendenza in data 12 giugno 2013, con protocollo n. 4708, avente per oggetto: Castello Chiaramonte di Favara. Interventi urgenti previsti dall’art. 27 del decreto Leg.vo n. 42 del 22 gennaio 2004. In questa lettera si legge: «Il sottoscritto Prof. Rosario Manganella, in qualità di Sindaco del comune di Favara con la presente, comunica che in data odierna darà inizio ai lavori in oggetto indicati…e consistenti in: Sistemazione scala di accesso al giardino (lato Est del Castello), con alzate in legno, pedate in brecciolino a grana media, e ringhiera in ferro; Demolizione di un muro in conci di tufo (lato Sud del Castello), e collocazione di portone in ferro, verniciato con smalto di colore grigio antracite. Si fa presente che, così come previsto dall’art. 27 del Decreto in oggetto indicato, si provvederà ad inviare i progetti degli interventi di cui sopra per la necessaria autorizzazione». Rileviamo prima di tutto che l’articolo 27 del Testo unico sui Beni Culturali DPR 42/04 così recita: «Nel caso di assoluta urgenza possono essere effettuati gli interventi provvisori indispensabili per evitare danni al bene tutelato, purché ne sia data immediata comunicazione alla soprintendenza, alla quale sono tempestivamente inviati i progetti degli interventi definitivi per la necessaria autorizzazione». Appare molto evidente, che i lavori effettuati dal Manganella, che inspiegabilmente veste i panni del tecnico ingegnere, non rientrano affatto nei lavori urgenti previsti dall’articolo 27 di cui sopra.

Facciamo notare che il tratto di muro da lui distrutto faceva parte del recinto fortificato del castello, che, sebbene presentava rifacimenti in epoca successiva a quella originale, non andava assolutamente demolito perché faceva parte integrante della cortina muraria della fortezza e in ogni caso era abbastanza solido e stabile e non arrecava alcun danno al maniero, anzi lo proteggeva come aveva fatto nei secoli del Medioevo. L’altro documento omesso dal Manganella alla nostra consegna, riguarda la lettera di risposta che la Soprintendenza gli ha inviato a seguito della sua comunicazione dell’inizio dei lavori urgenti al castello. Nella lettera emessa dalla Soprintendenza in data 26 giugno 2013, con protocollo n. 3848, diretta al sindaco di Favara, avente per oggetto Castello Chiaramonte di Favara. interventi urgenti, si evidenzia che i lavori del Manganella sono in verità, per la Soprintendenza, interventi per il ripristino della funzionalità dei percorsi.

Questi lavori non giustificano affatto interventi urgenti da parte del sindaco, per evitare danni al bene tutelato, secondo il ricordato articolo 27 del DPR 42/04. Nella stessa lettera, la Soprintendenza, a seguito del sopralluogo effettuato nella fabbrica del castello, in data 20 giugno 2013, riferisce: « In occasione della visita si è avuto anche modo di rilevare le precarie condizioni del ballatoio in legno in aggetto posto dentro il cortile e la presenza di tracce di umidità lungo i muri perimetrali a contatto con il sistema di copertura in prossimità delle linee di gronda. Si invita pertanto la S.V. a voler anche intervenire per la soluzione di quanto sopra rilevato. Per quanto all’iniziativa in programma per il 29 c.m. si resta in attesa di ricevere copia della relazione tecnico-scientifica della mostra e/o progetto della iniziativa». Abbiamo rilevato che il Manganella, nel rispondere a questa lettera della Soprintendenza, come già detto sopra, ha inviato un progetto grafico della mostra al castello, lacunoso ( diverse installazioni non erano riportate, come la cucina esterna nel giardino, che risultava quindi abusiva!) e privo di valore legale perché senza data, timbro e firma del tecnico che ha elaborato il progetto, nonché senza la relazione tecnico-scientifica firmata dallo stesso tecnico.

Al posto della relazione tecnica, il sindaco inviava copia dell’invito alla partecipazione della inaugurazione della mostra di arte contemporanea, all’interno del castello, in data 29 giugno 2013, indirizzato a tutta la cittadinanza di Favara. Del progetto dei lavori urgenti, di demolizione del muro del recinto fortificato del castello e della scala eseguita nel giardino, che il sindaco Manganella aveva promesso di inviare alla Soprintendenza, con la ricordata lettera del 11 giugno 2013, per la necessaria autorizzazione, nemmeno l’ombra.

La mostra con le installazioni di arte contemporanea, che il Manganella aveva indicato come mobili, precarie e provvisorie, che dovevano essere esposte dal 29/06/2013 e per la durata di qualche mese, rimase invece fino al settembre 2014, quando finalmente si cominciava a far sloggiare le ingombranti e invadenti installazioni, che letteralmente soffocarono l’espressione medievale del nostro castello. Il Manganella, che lascia il mandato di sindaco il 6 giugno 2016, quando dovrebbe insediarsi il nuovo primo cittadino scelto dalla tornata elettorale in corso, deve ancora completare il trasloco delle installazioni di arte contemporanea dal castello di Favara.

Sono ancora presenti, infatti, le installazioni dell’orto selvaggio con cucina nel giardino, decisamente abusiva, del punto informazione e biglietteria in una sala del piano terra, dello spazio di micro ristoro in una sala sempre del piano terra e dello spazio dedicato al public design progetto di esterni in una sala del primo piano.

Il fatto più grave, anzi gravissimo e sconcertante, di tutta questa vicenda, è che il Manganella non ha mai preso provvedimenti in merito alle raccomandazioni della Soprintendenza che, come ricordato prima, lo invitava con lettera del 26 giugno 2013, prot. 3848, a intervenire per risolvere i problemi delle precarie condizioni del ballatoio del castello e delle tracce di umidità che erano presenti lungo i muri perimetrali dello stesso in prossimità delle linee di gronda. Il ballatoio in legno, da anni privo di manutenzione, presenta oggi molte parti lignee putrefatte, al punto che necessita di totale sostituzione. Le tracce sui muri, a distanza di tre anni, sono oggi diventate fiumi e laghi di umidità che, in qualche caso, dal soffitto arrivano quasi al pavimento. Non c’è stanza del primo piano che non presenta tracce vistose di umidità. La copertura esterna della cupola della cappella palatina presenta una pericolosa e allarmante fenditura, lunga diversi metri, che ha permesso all’acqua piovana di penetrare all’interno, come dimostra l’umidità presente in una parete. È questo un fatto gravissimo e deplorevole, che dimostra, più di ogni altro esempio, il risultato della colpevole incuria che il sindaco Manganella ha riservato al nostro pregevole castello, fregandosene altamente di quello che era un suo preciso compito istituzionale: la protezione del nostro più importate Bene Culturale, il castello medievale che rappresenta la nostra carta d’identità.

È stata questa constatazione, avvenuta pochi giorni fa, per noi dolorosissima e allarmante, che ci ha spinto a scrivere quanto sopra riportato, al fine di mettere fine al gravissimo e disastroso degrado, al quale è stato sottoposto il nostro castello, durante l’amministrazione del sindaco Manganella. Abbiamo potuto verificare, inoltre, che diversi ambienti del castello, sottratti alle visite dei turisti e degli studiosi, sono attualmente utilizzati come deposito rifiuti comunali che, oltre a deturpare la visione medievale del maniero, arrecano vergogna a tutta la collettività. Il giardino annesso al castello ad Est si trova in una condizione di abbandono totale, dove oltre alle erbe e piante nocive ed infestanti, come la parietaria e il sommacco americano, che stanno arrecando gravissimi danni alle mura del castello, si trovano anche immondizie varie con oggetti di plastica.

Rosario Manganella, privo di sensibilità e rispetto per la storia e l’arte, ha arrecato un grandissimo danno al nostro patrimonio storico e artistico.

Ci scusiamo moltissimo con i lettori per il lunghissimo articolo, ma quanto riportato sopra, era necessario per capire come siamo arrivati alla attuale disastrosa e gravissima situazione in cui si trova il nostro castello.

Filippo Sciara

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