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La Valle dei Templi di Agrigento come i Giardini della Biennale di Venezia: Bartoli (Farm Cultural Park) scrive a Firetto

Lettera aperta al Sindaco di Agrigento Lillo Firetto, all’assessore alla Cultura Beniamino Biondi, al Direttore del Parco Valle dei Templi Giuseppe Parello e al Sovrintendente ai Beni Culturali Caterina Greco e ai cittadini di Agrigento e della Provincia di Agrigento del notaio favarese, Andrea Bartoli che propone di mutuare l’esperienza dei Giardini della Biennale di Venezia offrendo alle Nazioni del mondo, dei terreni del Parco Archeologico della Valle dei Templi.

Carissimi Lillo Firetto, Beniamino Biondi, Giuseppe Parello e Caterina Greco,
Carissimi Cittadini di Agrigento e della Provincia di Agrigento,

avendo avuto diverse sollecitazioni mi permetto di scrivere pubblicamente una lettera che racconta una storia, esprime delle valutazioni territoriali e contiene una proposta di visione.

Storia.

Probabilmente pochi ricordano o conoscono la storia di Riccardo Selvatico.
Nato a Venezia nel 1849, fu un intellettuale illuminato; poeta e commediografo.
Alla fine dell’Ottocento diventò Sindaco della città di Venezia e una sua intuizione ha cambiato per sempre la storia della sua città.
L’amministrazione comunale di Venezia, da lui guidata, delibera durante l’adunanza consiliare del 19 aprile 1893 di istituire una Esposizione biennale artistica nazionale, da inaugurarsi il 22 aprile 1894.

Da quella idea è nata una prestigiosa istituzione che ancora oggi contribuisce a fare di Venezia una delle principali città di cultura del mondo.

Sin da subito Selvatico e & decisero che questa iniziativa dovesse avere un forte respiro internazionale e allora invitarono i governi stranieri a costruire con progetti dei più importanti architetti del Novecento, dei Padiglioni sul terreno dei Giardini.
Il terreno veniva offerto gratuitamente, ma la proprietà rimaneva del Paese straniero.

Il primo padiglione straniero, quello del Belgio, fu edificato nel 1907; l’ottava Biennale del 1909 si arricchì di tre nuovi padiglioni stranieri. Il padiglione della Gran Bretagna che non fu costruito ex novo, ma fu utilizzato un edificio esistente, Il padiglione della Germania, costruito accanto a quello inglese sulla collinetta dei Giardini, e il padiglione dell’Ungheria.
I padiglioni di Francia e Svezia furono eretti nel 1912, entrambi progettati e costruiti direttamente dalla Biennale.
Oggi l’area dei Giardini conta 29 padiglioni:

• Padiglione Belgio, di Léon Sneyens, 1907; restaurato da Virgilio Vallot, 1948
• padiglione Ungheria, di Géza Rintel Maróti, 1909; restaurato da Benkhard Agosto, 1958
• padiglione Germania, di Daniele Donghi, 1909, demolito e riedificato nel 1938 da Ernst Haiger
• padiglione Gran Bretagna, di Edwin Alfred Rickards, 1909
• padiglione Francia, di Umberto Bellotto, 1912
• padiglione Olanda, di Gustav Ferdinand Boberg, 1912, demolito e riedificato nel 1953 da Gerrit Thomas Rietveld
• padiglione Russia, di Alessio Scusev V., 1914
• padiglione Spagna, di Javier De Luque, 1922, con facciata rinnovata nel 1952 da Joaquin Vaquero Palacios
• padiglione Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca di Otakar Novotny, 1926, allegato e ricostruito da Boguslav Rychlinch, 1970
• padiglione Stati Uniti d’America, di Chester Holmes Aldrich e William Adams Delano, 1930
• padiglione Danimarca, di Carl Brummer, 1932, ampliato nel 1958 da Peter Koch
• padiglione Venezia, di Brenno Del Giudice, 1932, ampliato nel 1938; questo padiglione è un’unica grande struttura architettonica che ospita le partecipazioni di più nazioni (Serbia, Egitto, Polonia e Romania). Nel 2011 è stata riaperta al pubblico, dopo il restauro, l’esedra centrale costruita nel 1932
• padiglione Austria, di Josef Hoffmann con la collaborazione di Robert Kramreiter, 1934; restaurato da Hans Hollein, 1984
• padiglione Grecia, di M. Papandréou e Brenno Del Giudice, 1934
• Biglietteria, Carlo Scarpa, 1951
• padiglione Israele, di Zeev Rechter, 1952; modificato da Fredrik Fogh, 1966
• padiglione Svizzera di Bruno Giacometti, 1952
• padiglione Venezuela di Carlo Scarpa, 1954
• padiglione Giappone, di Takamasa Yoshizaka, 1956
• padiglione Finlandia, di Alvar Aalto, 1956; restaurato da Fredrik Fogh con la collaborazione di Elsa Makiniemi, 1976-1982
• padiglione Canada, del Gruppo BBPR (Gian Luigi Banfi, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers), 1958
• padiglione Uruguay, ex-magazzino della Biennale, 1958, ceduto al governo del Uruguay, 1960
• padiglione dei Paesi Nordici (Svezia, Norvegia, Finlandia), di Sverre Fehn, 1962; adiacente c’è un piccolo edificio di Fredrik Fogh, 1987
• padiglione Brasile, di Amerigo Marchesin, 1964
• padiglione Australia, di Philip Cox, 1987
• Libreria, di James Stirling, 1991
• padiglione Corea, di Seok Chul Kim e Franco Mancuso, 1995

I paesi non titolari di padiglione espongono in altre sedi di Venezia centro storico.

L’ente oggi Fondazione, oltre alla celebre Biennale d’Arte, organizza altre esposizioni multidisciplinari nate in anni più recenti e suddivise nei seguenti settori:

• Arte – Esposizione internazionale d’arte di Venezia, spesso chiamata semplicemente Biennale di Venezia e nata con l’ente stesso nel 1895
• Musica – Festival internazionale di musica contemporanea, fondato nel 1930, fu la prima manifestazione della Biennale ad affiancare l’Esposizione d’Arte che aveva caratterizzato la Biennale sin dalle sue origini
• Cinema – Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, istituito nel 1932, è il più antico festival cinematografico del mondo
• Teatro – Festival internazionale del teatro, istituito nel 1934 come terzo evento da affiancare alla Biennale d’arte
• Architettura – Mostra internazionale di architettura di Venezia, istituita nel 1980
• Danza – Festival internazionale di danza contemporanea, istituita nel 1999

Il nome “Biennale” deriva dalla cadenza biennale delle sue manifestazioni (con l’eccezione della Mostra del cinema nata nel 1932 con cadenza annuale). Grazie alla Biennale di Venezia, nel settore culturale, il termine italiano “biennale” (utilizzato proprio nell’idioma nazionale in quasi tutte le parti del mondo) ha acquisito una più ampia valenza ed è diventato per antonomasia sinonimo di grande evento internazionale ricorrente a prescindere dalla cadenza.
Sia la Biennale internazionale d’arte che Mostra internazionale d’arte cinematografica sono le prime e più antiche manifestazioni realizzate nel loro genere ancora esistenti.

Valutazioni territoriali.

Abbiamo la fortuna di abitare in una città che ospita la Valle dei Templi, un Parco archeologico che conserva uno straordinario patrimonio monumentale e paesaggistico che comprende i resti dell’antica città di Akragas, dichiarata nel 1997 dall’Unesco “patrimonio mondiale dell’umanità”.

Il Parco è molto ampio, circa 1.300 ettari (pensate che i Giardini della Biennale di Venezia sono solo 6 ettari) e dalle mie minute conoscenze è suddiviso in una prima zona archeologica, una seconda ambientale e paesaggistica e una terza naturale attrezzata.

L’Ente Parco, anche a causa della complessità di gestione di un’area talmente vasta, più volte con avvisi pubblici ha invitato alla manifestazione di interesse per gestire in concessione i terreni agricoli demaniali in consegna al Parco.

Proposta di visione.

Una volta raccontata la Storia della Biennale di Venezia e dei suoi Giardini e sintetizzato pochi aspetti a tutti noti in merito al Parco Valle dei Templi prima di avanzare pubblicamente una proposta di visione mi permetto di fare alcune riflessioni.

La prima considerazione, probabilmente anche banale ma necessaria da fare è che una Fondazione come la Biennale di Venezia attraverso l’imponente attività culturale prodotta durante tutto l’anno con le diverse manifestazioni culturali delle diverse discipline ( Arte, Musica, Cinema, Teatro, Architettura e Danza) attrae a Venezia ogni anno milioni di visitatori con un conseguente importante impatto economico sulla città.

La seconda riflessione è di carattere squisitamente politico.
Nei Giardini della Biennale di Venezia, abbiamo detto che sono ospitati 29 Padiglioni di altrettanti Paesi del Mondo che più volte l’anno vengono animati dalle iniziative culturali promosse dai rispettivi Ministeri Culturali di ogni Paese.
Tutto questo significa che i più importanti esponenti culturali di tutti i Paesi del mondo più volte l’anno frequentano Venezia e gli amministratori di Venezia e gli operatori culturali del nostro Paese.
Abbiamo l’idea di quanto tutto ciò possa essere importante a livello politico nazionale ed internazionale? Quale centralità nazionale ed internazionale assumerebbe Agrigento se coinvolta in un processo di questa portata?

L’aspetto però che mi sta più a cuore è quello culturale e sociale.
I primi cinque anni di Farm Cultural Park ci hanno consentito di testare, ovviamente in piccola scala, l’importanza di politiche culturali per una città.
L’esperienza di Farm esprime il suo valore più alto per la “dimensione di possibilità” che ha trasmesso non solo a Favara che oggi è interessata da un fermento culturale e micro imprenditoriale di grandissimo rilievo e in controtendenza allo stato di immobilismo generale ma anche fuori Favara grazie al progetto Boom – Polmoni Urbani intelligentemente e generosamente promosso e finanziato dai Portavoce all’ARS del M5S.
La continua presenza di creativi, operatori culturali, intellettuali, studenti, giornalisti, turisti e visitatori di tutto il mondo, e la loro interazione con la nostra gente, ci sta facendo crescere ed educando alla tolleranza, al rispetto e all’impegno sociale.
Questo è sicuramente l’aspetto più importante.

E allora eccomi alla proposta.
Mutuare l’esperienza dei Giardini della Biennale di Venezia offrendo alle Nazioni del mondo, dei terreni del Parco (non all’interno della zona archeologica ma nella zona ambientale e paesaggistica e in quella naturale attrezzata ) sui quali costruire i loro Padiglioni programmando una prima grande “Biennale del Buon Senso” in cui invitare i più importanti changemakers del mondo a trovare delle soluzioni praticabili per sconfiggere ed eliminare tutte le nefandezze, disparità ed ipocrisie che affliggono il pianeta e proporre alle varie Organizzazioni mondiali precostituite soluzioni efficaci per migliorare il mondo in cui viviamo.

Volete sapere perché vorrei che tutto questo accadesse?

Per cambiare storia, alzare la testa e iniziare daccapo.
Perchè la città che ospita la Valle dei Templi e la Scala dei Turchi all’ultimo posto della classifica italiana sulla qualità della vita nel 2014 possa essere la prima nel 2020“.

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