“I dati della mia ricerca – ha sottolineato nel corso della relazione il professor Pira – sono in linea con il sondaggio U-Report dell’UNICEF sui giovani ha generato più di 8.000 risposte e riscontrato che oltre un quarto si è sentito ansioso, il 15% depresso. Uno degli aspetti di maggiore interesse emerso è quello relativo alla tendenza a isolarsi rispetto all’ambiente familiare. I ragazzi raccontano di avere provato momenti di paura e di avere sentito moltissimo la mancanza degli amici. Nelle risposte al quesito dieci: Cosa ti manca di più? (quesito a risposta aperta) le considerazioni ruotano per la maggior parte intorno al tema dell’amicizia e dello stare fuori con gli amici. Le ragazze e i ragazzi utilizzano il sostantivo libertà riferito alla possibilità di uscire di casa. Uscire con gli amici, vedere gli amici, stare con…, tutte espressioni che raccontano di un bisogno di fisicità, che nel loro modo di relazionarsi si interseca senza soluzione di continuità con la connessione e l’interazione online. Una dipendenza dagli altri che, come è evidente da quanto emerge dal quesito, genera il paradosso di una forte sensazione di isolamento, paura e scoraggiamento, con oltre il 60% degli intervistati che dichiara di avere provato questo sentimento durante il periodo di lockdown. Gli adolescenti sono passati da vite super organizzate, fin troppo piene di attività, nelle quali la tecnologia e i social media giocano il ruolo di facilitatori della comunicazione, ad una situazione in cui la propria vita si racchiude tutta dietro uno schermo”.
Il professor Pira ha voluto poi rivelare come è nato il titolo del suo ultimo libro: “Figli delle app è il provocatorio titolo che ho scelto, da immigrato digitale e adolescente, quando Alan Sorrenti cantava: Noi siamo figli delle stelle/ Non ci fermeremo mai per niente al mondo/ Per sempre figli delle stelle/ Senza storia senza età, eroi di un sogno… Non sono sicuro che essere figli delle app sia essere eroi di un sogno, purtroppo concordo con il pensiero del grande sociologo Zygmunt Bauman che il consumismo tecnologico rischia di trasformarci in individui senza storia e identità”.
Poi applausi ma niente abbracci. Ma sono solo rimandati. Ha promesso Francesco Pira: “grazie per la vostra accoglienza, spero di tornare quando la pandemia sarà finita”.