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Ati idrico, 18 anni di fallimento conclamato

L’Ato idrico, diventato dopo Ati, di Agrigento si è costituito in applicazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 e dell’art. 69 della legge regionale 27 aprile 1999.

E’, comunque, il Commissario nominato dal Presidente della Regione che nel 2002 costituisce l’Ambito territoriale in sostituzione dei sindaci inadempienti. Strano destino dell’organo che fin dalla nascita ha dovuto ricorrere al commissariamento. L’assemblea dei sindaci si è insediata un anno dopo con presidente l’on. Vincenzo Fontana e vicepresidente Lorenzo Airò, all’epoca sindaco di Favara.

Sono trascorsi 18 anni. Diciotto lunghi anni senza oggi registrare un minimo miglioramento del servizio idrico. L’olio della frittura è sempre lo stesso. Fornitura idrica all’utenza con le turnazioni, rete fognaria e depuratori inefficienti. Si inquinano l’ambiente e il mare e si danneggia l’economia di un territorio che si dice a vocazione turistica.

Un giorno si e l’altro pure, Girgenti acque dirama comunicati stampa di interruzione o di diminuzione di portata per guasti e manutenzione sulle reti e sul sistema idrico.

Il fallimento è gridato dai fatti e non dal giornalista, mentre le scuse, lo scaricabarile, stanno a zero. Giovani imprenditori che hanno coraggiosamente investito nel settore turistico stanno con il fiato sospeso perché l’acqua nelle loro strutture può finire da un momento all’altro, se le turnazioni dovessero subire allungamenti. Intanto, il turista che arriva da oltre lo Stretto non crederà mai che l’acqua nell’agrigentino arriva quando arriva e vittima del disservizio non tornerà più e con le sue negative recensioni scoraggerà gli altri a visitare il territorio. Questo è solo un piccolo esempio, uno dei più frequenti nel settore economico del territorio, per non citare il disagio della popolazione anziana che vive nei centri storici, dove è, praticamente, impossibile l’utilizzo di capaci recipienti per l’accumulo dell’acqua utile a garantire l’autonomia dell’utenza. Al di là del lungo elenco dei disagi, cosa può giustificare la non erogazione del servizio h24, i depuratori e le reti fognarie che non funzionano e l’inquinamento dell’ambiente?

Contro la colpevole incapacità della politica gridano, spesso inascoltate, le associazioni in favore dell’acqua pubblica e associazioni dei consumatori. Non me ne voglia alcuno se cito, senza voler togliere meriti a nessuno, il Coordinamento Titano e tra i tanti professionisti, l’avvocato Giuseppe Di Miceli, che tengono continuamente acceso, magari con diversi metodi, il faro dell’attenzione sulla drammatica problematica. E il faro è acceso perché l’opinione pubblica, la Regione Siciliana e lo Stato devono conoscere il babbio durato 18 anni e destinato senza forti interventi da parte delle Istituzioni, Prefetto, Procura della Repubblica, Regione Sicilia, a durare altri 180 anni.

Franco Pullara – SiciliaOnPress

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