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Contrasto al caporalato, operazione “Ponos”: organizzazione operava come agenzia alternativa per il lavoro

Una vera e propria organizzazione dedita al reclutamento di personale da destinare al lavoro sui campi. Questa l’accusa per le due donne, madre e figlia, ritenute essere al centro dell’operazione effettuata dai militari dell’Arma dei Carabinieri per il contrasto al fenomeno del caporalato nelle campagne agrigentine.

L’indagine, denominata “Ponos”, è partita nel maggio 2019 da una intuizione della Sezione Operativa della Compagnia di Agrigento e del locale Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro, è stata coordinata dal Signor Procuratore della Repubblica di Agrigento, Dr. Luigi Patronaggio e dal Sostituto Procuratore della Repubblica, D.ssa Gloria Andreoli. Le investigazioni, svolte con numerosissimi servizi di pedinamento e con un complesso sistema di intercettazione e di riprese video, hanno svelato l’esistenza di una complessa organizzazione che sfruttava senza scrupoli manodopera extracomunitaria per lavori agricoli di vario tipo su tutto il territorio agrigentino e anche oltre. Un fenomeno di caporalato, insomma, articolato e con una solida struttura verticistica, che vedeva, come capi promotori ed organizzatori, due donne di origine slovacca, madre e figlia. In qualità di complici nella gestione delle attività, sono stati anche arrestati due romeni e quattro italiani.

Secondo gli investigatori, l’indagine avrebbe fatto emergere il ruolo primario delle due donne che avrebbero operato come una vera e propria agenzia del lavoro, reclutando personale secondo caratteristiche precise. Personale che sarebbe arrivato prevalentemente dall’Ucraina e dalla Moldavia. Otto, in tutto, gli arrestati indiziati di delitto disposti dalla Procura della Repubblica di Agrigento a conclusione dell’indagine sul fenomeno del caporalato nelle campagne fra Agrigento e Licata.

Secondo l’accusa, le due promotrici e gli altri intermediari contrattavano le prestazioni con i proprietari dei fondi e delle aziende agricole e, una volta raggiunto l’accordo, gli operai venivano trasportati, in condizioni di estremo disagio, su una vera e propria flotta di minivan e furgoni condotti dagli stessi caporali.

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