Site icon ScrivoLibero.it

“Racconti d’Estate”: la terza ed ultima parte di “Grano Duro” di Giuseppe Graceffa

Racconti d’Estate“, la nuova rubrica settimanale di Scrivo Libero, che per questa stagione estiva vuole allietare i nostri lettori con alcuni racconti dello scrittore aragonese, Giuseppe Graceffa, un autore poliedrico che predilige spaziare con disinvoltura tra generi letterari diversi, dal realismo alla fantascienza, nonché tra stili di scrittura differenti, dal romanzo al racconto, dalle sceneggiature ai saggi.

Finalista in diversi concorsi letterari, ha pubblicato un saggio cinematografico sulla trilogia di Matrix e un romanzo fantasy dal titolo “Il Sigillo di Khor” edito dal gruppo editoriale Twins Edizioni & David And Matthaus, disponibile in libreria o al seguente link.

Oggi la terza ed ultima parte di:

GRANO DURO
PARTE TERZA

– Amunì picciotti – disse con fare amichevole – ve la siete fottuti ieri la farina, non vi è bastata?
– Farina? Quale farina? – rispose quello che aveva il coltello – io non ne so niente e tu? – chiese ironicamente al suo compare.
– Niente so – rispose l’altro che si era avvicinato al contadino e lo guardava da vicino.
– Ah niente sai? – Totò cercò di avventarsi contro di lui ma questi fece un passo indietro e gli puntò il forcone contro.
– Sta buono che sennò ti scanno – gli ringhiò contro.
Ma proprio mentre pronunciava quelle parole, il fazzoletto gli cadde dal viso scoprendolo per un attimo. L’uomo se lo rimise a posto velocemente ma tanto basto a Totò per capire chi era. L’altro gli fu subito addosso da dietro e gli puntò il coltello direttamente alla gola
– Visto che fai lo sperto, non solo ci prendiamo la farina, ma magari il mulo.
Quelle parole fecero salire il sangue al cervello del contadino. Per adesso non poteva fare niente ma tanto aveva capito chi erano quei due cornuti
– Niente dici? – Gli disse l’altro.
– Bravo, così devi stare, muto e rispettoso – gli fece eco quello che lo minacciava con il coltello – e ora vattene che il mulo ce lo teniamo noi.
Lo spinse con violenza tanto che Totò stava per cadere
– Cammina – gli gridarono minacciandolo con le armi..
Totò li guardò con odio poi si voltò e si allontano velocemente mentre i due ladri ridevano alle sue spalle. Sentiva che gli intimavano di tornarsene a casa e lui non si voltò nemmeno una volta. Camminava con passo spedito per arrivare prima possibile.
“Per un cornuto, un cornuto e mezzo” ripeteva tra sé mentre si avvicinava alle misere abitazioni dei contadini, tra cui anche la sua.
Si avvicinò cautamente per non farsi scorgere da nessuno e invece di prendere la strada battuta che conduceva al cortile tra le abitazioni, avanzò nascondendosi dietro le piante e gli alberi che costeggiavano la stradina. Fece anche un giro largo per arrivare dietro la sua casa senza passare davanti alle altre e giunse finalmente nel retro della stalla dove teneva il suo mulo.
Si ritrovò davanti a una bassa e rozza porta in legno fradicio che non fece fatica ad aprire ed entrò all’interno. L’odore di letame, di fieno e di legno marcio lo investì immediatamente ma non ci fece
caso più di tanto, un po’ perché era abituato all’odore acre tipico delle stalle, un po’ perché la sua testa era focalizzata su un solo obiettivo.
Si recò in fondo al posto dove teneva il mulo, sollevò un largo mucchio di fieno che copriva una stuoia adagiata sul pavimento, sollevò anche questa e vide il suo fucile che era ancora al suo posto arrotolato insieme alla cartucciera con della stoffa sudicia.
Non lo usava da molto tempo, anche se ogni tanto lo portava con sé per andare a caccia. Srotolò la stoffa che lo copriva e lo osservò soppesandolo con le mani. Lo aprì e vi inserì due cartucce. Poi mise la cartucciera in una spalla e la lupara nell’altra e uscì da dove era venuto.
Questa volta fece ancora maggiore attenzione a non farsi vedere da nessuno e quando finalmente si allontanò, cominciò ad avanzare con passi veloci in modo da tenere alta l’andatura senza sfiancarsi.
I fratelli Mulè abitavano fuori dal paese in una modesta masseria che stava cadendo a pezzi. Il padre era morto di recente e i due figli non erano in grado, per volontà e capacità di occuparsene. Erano anzi conosciuti in paese come due scansafatiche che preferivano bere e gozzovigliare invece di lavorare tanto che dopo un primo periodo di lavoro come contadini, erano stati assunti in miniera ma furono ben presto buttati fuori in quanto, oltre a spendere in vino quel poco che guadagnavano, erano anche due attaccabrighe e più volte avevano provocato risse e incidenti.
Totò si diresse immediatamente verso la masseria ma ben prima di arrivarvi intravide i due fratelli che lentamente tornavano a casa tirandosi dietro il suo mulo. Si avvicinò alle loro spalle tenendo il fucile in mano, senza farsi sentire né vedere.
Quando fu abbastanza vicino ai due, lo puntò verso uno di loro e fece fuoco senza pensarci due volte.
I due uomini si accorsero della sua presenza solo all’ultimo momento. Calogero fu il primo a essere colpito da una scarica di pallettoni che gli squarciò completamente il petto uccidendolo all’istante.
L’uomo cadde a terra senza emettere nemmeno un grido e Totò puntò freddamente l’arma verso l’altro fratello. Questi non ebbe la forza di dire una parola e si limitò a guardare terrorizzato ora il fratello a terra, ora il fucile puntato contro di lui fino a quando una nuova scarica di pallettoni lo investì in pieno viso sfracellandogli la faccia.
Si afflosciò a terra ai piedi del contadino che aprì il fucile per far cadere i bossoli guardandosi intorno per vedere se qualcuno avesse assistito alla scena. Erano però troppo lontani dai centri abitati e quindi la campagna era completamente deserta.
Totò si avvicinò al mulo, controllò le bisacce e vide che la sua farina era al suo posto. Lentamente salì sull’animale, nascose il fucile e la cartucciera sotto le bisacce, diede un’ultima occhiata ai due corpi che giacevano a terra in un lago di sangue e si allontanò da quel posto.
Tornò a casa notevolmente più sollevato e questa volta senza nascondersi. Le ombre della sera stavano ormai calando quando aprì la porta della sua abitazione. I bambini come al solito giocavano tra loro correndo di qua e di là mentre Maria stava davanti al fuoco sul quale era adagiato un pentolone che bolliva.
Appena si accorse dell’arrivo del marito, gli corse incontro preoccupata.
– Allora? – chiese con apprensione. Aveva gli occhi lucidi di colei che aveva passato il tempo a piangere e pregare.
Totò alzò il sacco con la farina e il volto della donna s’illuminò.
– Tutto a posto – le disse per rassicurarla.
– Nessun problema? – Chiese ancora la donna.
Totò la tirò verso di sé, l’abbracciò e la baciò.
– No. Nessun problema.

Giuseppe Graceffa

Non perdete la prima parte del prossimo racconto “Il Dottore Licata” che sarà pubblicata sabato 18 luglio.
Ecco il calendario delle prossime pubblicazioni:

Sabato 18 luglio: prima parte del racconto “Il Dottore Licata“;

Sabato 25 luglio: seconda parte del racconto “Il Dottore Licata“;

Sabato 1 agosto: terza (ed ultima) parte del racconto “Il Dottore Licata“;

Sabato 8 agosto: prima parte del racconto “La Truscia“;

Sabato 22 agosto: seconda parte del racconto “La Truscia“;

Sabato 29 agosto: terza (ed ultima) parte del racconto “La Truscia“;

Sabato 5 settembre: prima parte del racconto “Questione di corna“;

Sabato 12 settembre: seconda parte del racconto “Questione di corna“;

Sabato 19 settembre: terza (ed ultima) parte del racconto “Questione di corna“.

Non mancate all’appuntamento!!!

Per acquistare l’ultima opera di Giuseppe Graceffa, Il Sigillo di Khor, visita il seguente link

Exit mobile version