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“Caso” Arnone: la Procura ricorre in Cassazione

La Procura della Repubblica di Agrigento ricorre in Cassazione chiedendo di far tornare nuovamente in carcere il noto avvocato Giuseppe Arnone (in foto). 

Per l’accusa, Arnone avrebbe chiesto una somma di denaro ad una collega avvocatessa “per non alzare clamore mediatico sulla pregressa vicenda giudiziaria”. Arnone, come si ricorderà, fu trovato dagli agenti della squadra Mobile lo scorso 12 novembre all’uscita dello studio dell’avvocatessa con due assegni per complessivi 14 mila euro. Secondo la difesa, gli assegni erano frutto di una regolare transazione fra i due professionisti.

A riportare la notizia sul ricorso in Cassazione da parte della Procura, l’agenzia di stampa AdnKronos. Il ricorso, di 23 pagine, è firmato dal capo dell’ufficio Luigi Patronaggio, dal suo vice Ignazio Fonzo e dai Pm Carlo Cinque e Alessandro Macaluso.

Insiste dunque la Procura sulle sue tesi dopo che il Tribunale del Riesame di Palermo aveva scarcerato l’avvocato Arnone perché, secondo i giudici, “il reato di estorsione non c’è e se sussistesse quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni quest’ultimo non consente la custodia cautelare“.

Per i pm invece, nel loro lungo ricorso, così come si legge in un estratto dell’AdnKronos: “la condotta posta in essere dall’indagato è stata, fin dai primi contatti intrattenuti con la persona offesa e con i suoi difensori, tutta incentrata su una continua e costante pressione psicologica che ha ossessionato in maniera parossistica la vittima giunta sino al punto di denunciare l’estorsione”. “Le minacce di una denuncia per associazione per delinquere, della pubblicazione di un dossier analogo a quello denominato “Sesso e malagiustizia” pubblicato dall’indagato lo scorso mese di agosto, della campagna mediatica finalizzata a diffamare e calunniare la persona offesa hanno in toto annullato la libertà di autodeterminazione della vittima il cui consenso negoziale è certamente viziato“.

 

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