“Dato che questo Governo Regionale è più attento alla visibilità social che alle rivendicazioni che arrivano dalle categorie professionali e dalle associazioni di categoria, ci rivolgeremo a Chiara Ferragni, Fedez o a Belen per risolvere i problemi della Sicilia”.
“Se le note stampa e le promesse bastassero a pagare le spese oggi saremmo tutti tranquilli sul futuro delle nostre imprese e sulla prosecuzione degli appalti affidatici dalle amministrazioni pubbliche con regolari contratti che vengono poi regolarmente disattesi. Purtroppo non è così e ogni volta che si garantisce una veloce risoluzione del problema abbiamo solo
“Da ben dieci mesi la Regione non versa un centesimo nelle casse delle imprese che stanno svolgendo la propria attività per la pubblica amministrazione, mettendo in ginocchio un intero comparto. In quest’ottica appare quasi ironico che si annuncino misure straordinarie di sostegno per i danni provocati dal Covid”.
“Se un imprenditore, o anche un semplice cittadino, paga le tasse in ritardo o consegna oltre i termini previsti gli adempimenti, gli enti pubblici provvedono a sanzionarlo.
Prendiamo atto delle dichiarazioni del presidente regionale dell’Ance Sicilia Santo Cutrone sul rischio che i “colossi delle costruzioni” vogliano “mettere le mani su ogni centesimo che arriverà dall’Unione europea, relegando le imprese locali al ruolo di subappaltatori a vita”.
“Accogliamo l’appello di Confidustria Sicilia al Governo Draghi: non si cerchi la collaborazione delle sigle di categoria se questa è solo una ‘foglia di fico’ per giustificare scelte non condivise che vanno solo a danno del territorio e degli imprenditori”.
“Lo stop della riforma sugli appalti rappresenta un’occasione mancata per il comparto. Inviterei in tal senso chi ha ruoli di rappresentanza istituzionale a tenere fuori il settore dalla polemica politica”.
Quattromila e trecento lavoratori in meno, 707 imprese cessate, oltre tre milioni di ore lavorate in meno e circa 23 milioni di euro di massa salari andati in fumo.
“Ritenere che sbloccando grandi opere (solo dopo anni di ritardi) si possano portare benefici ai territori è come piantare un alberello in giardino e pensare che questo stia rallentando il disboscamento in Amazzonia”.
“La spettacolarizzazione della riapertura di infrastrutture chiuse da mesi o anni e consegnate alla cittadinanza con enormi ritardi sta assumendo rapidamente i contorni della tragedia, più che della farsa. Non è infatti più tollerabile che, senza che si forniscano risposte ai territori sul perché abbiano dovuto subire disagi, pericoli e danni economici più o meno […]