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Quanto vale l’azzardo in Italia? In Sicilia la situazione rischia di sfuggire di mano

slotI dati di fine 2016 hanno confermato quanto il 2015 aveva anticipato: l’Italia è la nazione più legata al gioco d’azzardo dell’intera Europa.

Gli unici Paesi in grado di superare il volume di gioco raggiunto nella penisola sono in Asia, dove la legislazione è differente e consente l’apertura di una quantità più elevata di centri scommesse. Un fatto negativo? Non per le casse dello Stato italiano, che dal gambling traggono linfa vitale.

I numeri del 2016 pubblicati dal blog Slots Gratis Online rivelano “un volume di gioco da 96 miliardi di euro, record assoluto per il settore”. Soltanto un anno prima la cifra si fermava a 88, con un lieve aumento rispetto al 2014. Non bisogna però confondere la quantità complessiva circolante nell’industria dell’azzardo con la spesa degli italiani, che invece si ferma a 19 miliardi di euro. Le vincite hanno infatti toccato quota 77 miliardi, un record assoluto. Di fatto quindi l’esborso degli italiani non arriva a toccare l’1% del PIL nazionale. “Sbaglia chi parla del 5%, non tenendo conto che circa l’80% delle puntate vengono restituite, o meglio ridistribuite, sotto forma di incassi”, sottolinea il blog.

Chi sorride per la situazione del settore gambling è lo Stato, che intasca in media il 52% degli introiti della filiera. Dei 19 miliardi di incasso, 10 vanno al governo centrale e 9 alle aziende. Queste ultime poi devono considerare le spese del personale e della manutenzione delle strutture, completamente a loro carico. Scegliere quindi i giochi che portano più denaro nelle casse è una scelta naturale per i gestori, i quali nutrono una certa preferenza per le macchinette. Non è difficile intuirne la ragione, essendo i margini di profitto superiori. Se per gli eventi sportivi il guadagno medio è di pochi centesimi l’uno, le videolottery presentano un payout dell’88%. In media, l’esercente incassa 12 centesimi per ogni euro giocato. Con una velocità di esecuzione e fruizione del gioco decisamente superiore rispetto alle schedine. Per le slot machine il tasso di vincita medio è addirittura del 70%. Non per niente le AWP sono le più diffuse nei bar e nei mini-casinò. Con una tassazione del 17,5%, la tassazione effettiva diventa del 58,5%: il vero vincitore in ogni scommessa è lo Stato. Per questo proposte come la riduzione del 30% delle macchinette sul territorio italiano, ipotizzata da Renzi la scorsa estate, lasciano ancora il tempo che trovano. Impossibile rinunciare di colpo a dieci miliardi, che tra pochi anni potrebbero diventare anche quindici e poi chissà.

La situazione rischia però di sfuggire di mano in alcune zone del Paese, dove la febbre dell’azzardo si fa sentire in modo particolare. In Sicilia il volume di gioco calcolato è di 5 milioni di euro, in linea con la media nazionale del 5% di PIL. Numerosi sono i casi segnalati o sospettati di ludopatia, ossia gioco compulsivo. All’isola sono stati destinati 4,1 dei 50 milioni di euro stanziati dallo Stato con provvedimento dello scorso settembre approvato dalla Conferenza Stato-Regioni per prevenire e curare i casi patologici. Eccezion fatta per la Lombardia, la Sicilia risulta una delle regioni con più quantità di denaro investito. Il problema sociale si aggiunge a quello privato, con diversi esercenti che cercano di truccare le macchinette per ridurre la probabilità di vincita degli ignari clienti. Una recente operazione della Guardia di Finanza a Messina ha portato al sequestro di 159 slot machine e 369 schede elettroniche, molte delle quali alterate. Un blitz da 10 milioni di euro, tanto per ribadire il valore monetario del settore.

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