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Disturbi di memoria: quando preoccuparsi?

Le alterazioni della memoria rappresentano senza dubbio il disturbo cognitivo più frequente e più facilmente individuabile da un individuo. Sono solitamente causa di forte preoccupazione e di ricerca di consulto o supporto specialistico: se nella maggior parte dei casi costituiscono un disturbo lieve e transitorio, in altre situazioni possono essere espressione di patologie anche molto diverse tra loro.

Lo stress cronico è considerato una tra le principali cause di deficit reversibile della memoria. “Lo stress”, illustra il Dott. Davide Borghetti, neurologo pisano “determina infatti una serie di reazioni a catena legate alla plasticità cerebrale: si comincia con una progressiva difficoltà nella concentrazione per poi arrivare a disturbi e alterazioni del sonno, non di rado accompagnate da una deflessione del tono dell’umore”. L’insieme di queste alterazioni rende ovviamente difficoltosi, oltre che solitamente poco adeguati al contesto, i normali processi di memorizzazione.

Anche i farmaci ansiolitici e antidepressivi, soprattutto laddove impiegati senza consiglio medico e in modo continuativo, possono interferire con i normali processi di memorizzazione delle informazioni: nei casi più gravi queste alterazioni possono addirittura interferire con i processi della memoria a lungo termine. In tutte queste situazioni, comunque, l’alterazione è solitamente reversibile o curabile, laddove possibile, le fonti di stress, oppure ancora affidandosi a terapie adeguate e prescritte da Professionisti.

I disturbi della memoria, tuttavia, possono essere anche determinati da gravi sovversioni della struttura cerebrale, come quelle conseguenti a traumi, ischemie, emorragie o processi neoplastici. Questi processi lesivi possono interessare in modo e misura variabile le aree cerebrali deputate alla memorizzazione, esitando quindi in deficit più o meno conclamati o selettivi. Quel che si può fare, in questi casi, è stimolare il più possibile la neuroplasticità, potenziando ed attivando le aree cerebrali rimaste intatte.

Tra cause più importanti di deficit della memoria, infine, abbiamo un eterogeneo gruppo di patologie neurodegenerative che viene definito, nell’insieme e spesso inappropriatamente, demenza. Se la demenza di Alzheimer è indubbiamente la più nota e quella in cui le alterazioni mnesiche sono più eclatanti (soprattutto in questo periodo di isolamento determinato dalla pandemia), in realtà queste possono manifestarsi anche in altre forme di demenza, come quella vascolare o la demenza fronto-temporale, nella quale possono predominare alterazioni di altri domini delle funzioni cognitive.

“Nonostante ad oggi manchi ancora una terapia farmacologica efficace capace di arrestare, in modo definitivo,  questi processi neurodegenerativi”, conclude il Dott. Borghetti, “negli ultimi anni sono stati messi a punto dei veri e propri piani di riabilitazione neurocognitiva, capaci di migliorare la qualità di vita dei pazienti e di stabilizzare le potenzialità cognitive residue”.

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