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Ciminnisi (familiari vittime mafia): “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”

giuseppe_ciminnisi“Ho riflettuto a lungo sulle parole pronunciate dal Giudice Paolo Borsellino, prima di intervenire in merito allo scoop comparso in questi giorni sulla stampa a proposito di un testimone che avrebbe incontrato il latitante Matteo Messina Denaro.”

Ad affermarlo, è Giuseppe Ciminnisi, Coordinatore Nazionale dei Familiari Vittime di mafia, dell’Associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”.
“Senza farne una questione di carattere giuridico, entrando nel merito del segreto istruttorio, e riconoscendo l’importante ruolo dei media nella nostra società, che è quello del “Watchdog”, il cane da guardia a cui viene chiesto di difendere la democrazia, vigilando sul potere, chi come me ha vissuto sulla propria pelle la barbarie della mafia perdendo un proprio caro, è costretto a chiedersi a chi giova sapere dalla stampa dei connotati investigativi di un’indagine in corso che riguarda il boss latitante e i suoi fiancheggiatori, ponendo a rischio i testimoni che potrebbero essere soggetti a pressioni o minacce per indurli a ritrattare o – secondo la provenienza delle stesse – a indirizzare diversamente le dichiarazioni da rendere.
Non si tratta infatti di un’opera di denuncia della mafia, come sarebbe stato auspicabile – prosegue Ciminnisi – quanto il rendere noti particolari che stando a quanto riportato nello stesso articolo, sarebbero oggetto d’indagine dall’organo inquirente fiorentino.
Il rispetto del segreto istruttorio, in questi casi, non è una mera questione di lana caprina, poiché dovrebbe servire a garantire il buon funzionamento della giustizia, affinché alla stessa possa essere consegnato uno degli ultimi pericolosi boss latitanti.
Non bisogna infatti dimenticare che Matteo Messina Denaro è considerato uno dei mandanti delle stragi del ’92, per le quali è in corso a suo carico un processo.
Al timore che la mafia possa trarre vantaggio da notizie che in una fase di indagine dovrebbero rimanere riservate e a conoscenza soltanto degli inquirenti, si aggiunge il timore per l’incolumità non solo del testimone in questione, ma anche di possibili altri individuabili nei luoghi in cui è stato scritto che si sono verificati incontri tra il capomafia e altri appartenenti alla consorteria mafiosa.
Lunghi anni di storie processuali, inoltre, ci hanno insegnato come la diffusione di notizie abbia favorito chi aveva interesse a depistare le indagini.
Lo stesso Paolo Borsellino, nel corso della sua audizione al Consiglio Superiore della Magistratura nel 1991, si espresse sulla necessità di salvaguardare con ogni mezzo la segretezza delle indagini contro il malcostume della “fuga di notizie”.
Anche la voglia di scoop dovrebbe imporsi qualche limite…