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Editoriali

La fine (annunciata) ingloriosa di Terravecchia

È un progetto nato male e che sta morendo molto ma molto peggio. In queste ore sui social gira la foto di un piccolo muretto issato lì dove la via Sant’Antonio, fino a pochi giorni fa contrassegnata da una tabella turistica in quanto in teoria destinata ad accogliere visitatori diretti verso le bellezze della zona Duomo/Santa Maria dei Greci, si incrocia con piano Barone.

Uno sbarramento che è emblema del fallimento del progetto “Terravecchia”, spacciato da quasi dieci anni come grande primo intervento di risanamento del nostro nucleo storico. Parte pubblica e parte privata assieme, nelle intenzioni passate, avrebbero dovuto garantire la rinascita di una zona abbandonata da decenni.

Ma, come prevedibile, tutto è naufragato. Un fallimento annunciato per tanti motivi, a partire dalla convinzione che tornare a costruire (per di più con il cemento armato) nel bel mezzo di un tessuto urbano delicato e fragile quale quello del quartiere Terravecchia avrebbe coinciso con il ripopolamento. E così via agli scavi, anche se tutto intorno le case vecchie continuavano a venir giù come castelli di carta.

Scavi che, tra le altre cose, hanno fatto emergere nel 2014 importanti beni storici di grande pregio: un antico lavatoio, una vecchia Chiesa sepolta tra macerie ed erbacce per anni, grotte e pozzi in grado di descrivere secoli di storia della nostra città.

Beni che ovviamente non potevano rimanere inosservati e sui quali Soprintendenza ed enti preposti hanno giustamente messo gli occhi. Si è parlato quindi di rimodulazione del progetto, di necessità di recupero di questi beni, ma alla fine forse è mancato a quel punto un reale e concreto interesse delle parti in causa. Il cantiere è stato recintato alla meno peggio e da quattro anni non si vedono più operai in giro. In compenso anche la salita Sant’Antonio è diventata inutilizzabile per via delle modifiche apportate al fine di consentire ai mezzi del cantiere di salire fin dove fino al 2011 vi era l’istituto Schifano.

Da anni gli abitanti della zona segnalano che i turisti, tratti in inganno dalle tabelle segnaletiche, salgono da lì e trovano erbacce, pericoli per l’incolumità e degrado più totale. Non proprio una bella cartolina per la “Girgenti” storica che il progetto Terravecchia doveva in teoria recuperare.

E così qualcuno ha pensato bene di sbarrare la salita: chiuso, tutto finito, fallimento certificato. Ma le beffe non sono terminate: lo sbarramento è stato effettuato con un muretto che in caso di pioggia rischia di creare una vera e propria diga. Non solo quindi il mancato recupero, ma anche possibili problemi per l’incolumità di chi è rimasto a vivere tra questi vicoletti. Ed ora si chiede, quanto meno, di porre delle meno ingombranti sbarre di ferro. Giusto almeno per evitare, oltre alla beffa, anche il danno non appena ritorna a piovere.

Mauro Indelicato – Infoagrigento.it

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