Teatro Pirandello: con “Classe di Ferro” si assapora lo spettacolo con la “S” maiuscola – FOTO
Un parco giochi quasi a risvegliare, a rievocare il fanciullino di “Pascoliana” memoria. E’ questo il luogo, non luogo, in cui si svolge la storia toccante commovente divertente di denuncia sociale “raccontata ” da un cast d’eccezione: Paolo Bonicelli, Giuseppe Pambieri e Valeria Giangottini che riuniscono il loro talento recitativo per rappresentare “Classe di Ferro“.
Il piccolo gioiello regalato al teatro da Aldo Nicolaj, scritto nel 1971, viene portato in scena da Giovanni Anfuso, con la giusta esigenza di accendere i riflettori su una categoria della società a volte bistrattata, spesso messa da parte, quasi fosse una “batterie scarica” senza nessuna utilità: gli anziani.
Libero Bocca e Luigi Lapaglia sono due pensionati le cui solitudini si incontrano diffidenti, ma bisognose di comunicare, sulla panchina di un giardinetto di una grande città e finiscono per fare amicizia. Ci vorrà tempo perché alle bugie si sostituiscano le confessioni dello squallore della propria esistenza che li vede ospiti dei figli incuranti ed arrivisti. Fra loro si colloca garbatamente Ambra, una maestrina in pensione, nubile per scelta con forte propensione alla maternità e che riversa il suo amore inespresso su una colonia di gatti di cui si prende cura.
Avverrà che Luigi costretto da sua figlia, che non ama e dalla quale non è ri-amato, con la quale e la di lei famiglia convive, a essere rinchiuso in un ospizio perché oramai è un ingombro ed un peso. Troverà in Libero un sodale compagno di sventura col quale in quindici giorni organizzare una fuga in un paesino tanto immaginario quanto rappresentazione di un ultima spiaggia dalla quale poter godere degli ultimi giorni di pace. Entusiasmo e gioia farà ritrovare ai due amici energia e forza, ma qualcosa di inevitabile giungerà a infrangere quel sogno di libertà tanto sofferto e desiderato.
Proprio nel micromondo di quel parco giochi fossilizzato viene creata una sorta di bipolarismo fra le due età dell’uomo, quella infantile e quella senile. Gli attori si aggirano ossessivamente e infantilmente fra scivoli e altalene, utilizzandoli e praticandoli come fossero azioni consuete. I personaggi vengono “tinti” di specifici evocativi colori: di amaranto per Libero, di ocra per Luigi e di turchese Ambra.
I tre interpreti fanno a gara, nelle loro individualità ben risolte, in bravura e maestria, giocano divertendosi e divertendo il pubblico con quella amarezza di fondo che arriva inevitabile, sono solo alcune sfumature di questa piccola grande storia, che appare un canto del cigno di persone normali ancora in cerca di felicità. Perché la ricerca della felicità, la voglia di ricominciare, di amare di progettare, fa parte dell’essere umano ed è un suo sacrosanto diritto… a qualsiasi età.