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Editoriali Regioni ed Enti Locali

Università e sviluppo: quello che la classe politica non comprende. Il Cupa non chiuderà

università_agrigentoUniversità e sviluppo. Un binomio forse troppo spesso sottovalutato, ma che in terra di pirandelliana memoria poco importa. Ad Agrigento infatti si sta(va?) consumando l’ultima tragedia che non farà altro che far regredire il livello socio-culturale di una città già al collasso con la classe politica agrigentina forse impegnata ad inaugurare la campagna elettorale per le elezioni amministrative.

La paventata chiusura del Cupa di Agrigento sembra, almeno per il momento, che sia stata scongiurata. E ad affermarlo è il vice presidente della Regione Sicilia, l’agrigentina Mariella Lo Bello che assicura che non chiuderà: “Abbiamo trovato le soluzioni necessarie, e lunedì definiremo le procedure e gli indispensabili passaggi di natura tecnica e burocratica, che scongiureranno la paventata chiusura del Cupa“. Poi la Lo Bello aggiuge che: “entro la fine della settimana prossima il Commissario straordinario della ex provincia regionale di Agrigento Di Liberto, recederà dall’atto che ha determinato la decisione di fuoriuscire dal Consorzio Universitario in quanto sarà in possesso delle soluzioni necessarie perché ciò avvenga. Nessuno – prosegue – permetterà che Agrigento perda questo punto di riferimento fondamentale per la cultura,per i giovani che non possono permettersi i proibitivi costi di studiare fuori dalla sede di residenza e per le famiglie. La soluzione esiste – ribadisce – è già elaborata e lunedì sarà definita e immediatamente operativa. Dovrà solo tenere conto dei tempi della politica e della burocrazia, ma sappiamo già che saranno di una sola settimana. Riteniamo che il problema non debba essere oggetto di speculazione politica in vista della campagna elettorale – conclude Lo Bello – e se proprio qualcuno volesse farlo, dimostreremo con i fatti la determinazione del nostro intervento che porterà alla soluzione della problematica, deludendo quanti sperano nel contrario“.

Parole sicuramente attese soprattutto dai circa 3000 studenti del Polo Universitario, che lasciano però l’amaro in bocca. Sì, perchè ad Agrigento ogni conquista sembra debba passare necessariamente da lotte, indignazione collettiva e “rivoluzioni”.

Promesse, che sicuramente riguarderanno il futuro di tanti giovani ancora oggi speranzosi di trovare una vita in questa dannata terra. E noi, poveri mortali cittadini, saremo ancora in balia di questo o quel personaggio di turno che avrà il merito di impegnarsi per salvare il Polo Universitario da una prematura chiusura. Nei fatti non si è ancora compreso come qui tutto è il contrario di tutto; e a poco vale se questa terra ha mille potenzialità. La condizione degli agrgientini deve essere una continua vessazione verso quel potere (politico) che nulla ha a che vedere con il benessere della collettività.
Se il Polo Universitario muore, muore una intera società, muore la speranza di vedere la luce in un tunnel che ha relegato questa provincia ad essere una delle ultime d’Italia, muore la scommessa di centinaia di giovani impegnati a valorizzare questo territorio.
Mantenere in vita la struttura universitaria ha una importanza strategica verso un rilancio fin ora sperato, ma disatteso da anni di scelte scellerate che hanno relegato la provincia di Agrigento ad essere quella che è.
Agrigento non può e non deve essere terra ricordata solo per un malcostume politico che vede al Comune 1.133 riunioni annue di Commissioni consiliari per non portare nessun risultato; non può essere ricordata come terra dannata senza infrastrutture, senza programmazione, senza servizi.
Oggi purtroppo Agrigento è terra che aspetta; aspetta il crollo di una Cattedrale; aspetta la chiusura del Polo Universitario; aspetta una lenta morte che forse è la strada che qualcuno vuole raggiungere.

Francescochristian Schembri
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