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Lavoro

Crisi occupazionale: per trovare un lavoro basta un dottorato di ricerca

lavoro_dottoreIn tempi di crisi occupazionale, la ricerca di un lavoro sembra essere la priorità soprattutto per i giovani che dopo gli studi universitari si ritrovano a doversi scontrare con un mondo tutto nuovo. Sempre più sono infatti le figure specializzate che permettono una corsia agevolata per l’inserimento professionale. Ed allora ecco la che l’unica, o quasi, garanzia per trovare un’occupazione è il dottorato di ricerca.

Secondo l’ultima analisi condotta dall’Istat a quattro anni dal conseguimento del titolo post laurea il 91,5% dei dottori di ricerca riesce a trovare una occupazione stabile. La percentuale sale poi al 93,3% se allarghiamo il range a sei anni dal conseguimento.
Secondo l’istituto di ricerca chi ha conseguito il titolo nel 2010, in quasi tutte le aree disciplinari, trova una prima occupazione. Alta è la percentuale fra i dottori delle Scienze matematiche e informatiche e dell’ingegneria industriale e dell’informazione (oltre il 97% lavora a sei anni dal dottorato), mentre scende all’88% la media fra i dottori delle Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e filosofiche.
La soddisfazione generale rispetto all’attività lavorativa è di 7,2 punti su un massimo di 10; più alta la soddisfazione per l’autonomia e le mansioni svolte, più contenuta quella per le possibilità di carriera e la sicurezza del lavoro.

REDDITI | Superato lo scoglio dell’occupazione, resta la preoccupazione di un adeguato reddito. Dopo il conseguimento del titolo in dottore di ricerca, infatti la media del reddito netto mensile si aggira intorno i 1.750 euro; più alta la media di coloro che appartengono all’area delle Scienze mediche, Scienze fisiche, Ingegneria industriale e dell’informazione, Scienze economiche e statistiche e Scienze giuridiche. Per quest’ultimi il reddito medio a sei anni dal conseguimento del titolo è di 1.900 euro netti mensili.

L’Istat ha inoltre rilevato come gli uomini hanno una maggiore propensione alla mobilità verso l’estero (16,6%) rispetto alle donne (9,6%).

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