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Al via la grande danza tra le macerie: è già campagna elettorale?

Inizia il “grande gioco“, si comincia da più parti a muovere le pedine in vista delle prossime elezioni. Non europee, nemmeno nazionali anche se la stabilità dell’attuale esecutivo appare più precaria di prima, bensì comunali. Si notano ad Agrigento i primi veri movimenti volti a trovare il “treno giusto” per poter entrare o rientrare all’interno di palazzo dei Giganti.

L’addio, annunciato con tanto di conferenza stampa, di Piero Macedonio da Forza Italia, così come le ultime vicende inerenti l’approvazione di un più che azzoppato bilancio, senza contare i rimpasti recenti in seno alla giunta Firetto, sono elementi tipici di un sistema che cerca nuovi equilibri in vista delle prossime scadenze. E qui sorge un primo dubbio: alla scadenza naturale del mandato di Lillo Firetto, mancano ancora 18 mesi. Come mai dunque già da adesso si inizia a preparare il terreno per un appuntamento fissato in teoria per il maggio 2020?

A prima vista, sembrerebbe che la ragione risieda nel fatto che alcuni attori politici locali prendano sul serio la possibilità di elezioni anticipate. Ma questo è vero solo in parte: da un lato, l’amministrazione comunale è sempre più in minoranza in consiglio, tanto che per approvare lo strumento finanziario lo scorso 27 dicembre è stata necessaria l’uscita da aula Sollano di alcuni consiglieri di opposizione. Dall’altro, le recenti beghe che hanno interessato Firetto sotto il profilo meramente personale, con il sequestro poi ritirato del castello di Joppolo di cui è proprietaria la famiglia, possono far apparire indebolito il primo cittadino.

Ma a conti fatti, a meno di clamorose novità delle prossime settimane, sembra improbabile una fine anticipata del mandato del primo cittadino. Non ci sono i tempi, né tanto meno vi è l’interesse a terminare prima del previsto l’attuale avventura amministrativa. Lo dimostra il fatto che, nonostante i numeri parlino di una maggioranza diventata minoranza in consiglio, non emergono dall’opposizione voci di aperto contrasto o di vero antagonismo rispetto all’amministrazione. In altri tempi, non appena in aula Sollano si fiutava una possibile crisi, dai banchi dell’opposizione non sarebbero tardate ad arrivare richieste di dimissioni o feroci critiche, anche se spesso solo a favore di telecamera. Non c’è l’interesse oggi a farlo, perchè non c’è chiarezza tra i vari comandanti e soldati semplici della politica nostrana.

Ed è proprio questo il punto. Le grandi manovre sono iniziate per rimettere assieme i cocci di una politica disordinata, dove gli schieramenti risultano completamente saltati. E per farlo, ci vuole tempo. E così, c’è chi inizia a “sondare il campo”, c’è chi resta guardingo sull’uscio in attesa di rientrare, c’è chi semplicemente non vuole aspettare le europee per paura che sia troppo tardi. Il caos politico attuale, che si traduce in vero e proprio stallo in consiglio comunale, è figlio certamente dei tanti stravolgimenti occorsi a livello regionale e nazionale dal 2015 in poi. La composizione originaria di aula Sollano rispecchia il quadro di quattro anni fa, nel frattempo però a Roma e Palermo è accaduto di tutto. Tanti deputati storici agrigentini sono andati a casa, numerosi esponenti locali sono rimasti “orfani”, c’è chi è entrato ma si è ritrovato senza più il suo gruppo e chi adesso prova a capire cosa fare.

Una politica uscita malconcia da queste ultime tornate, che ora prova a riorganizzarsi. E per Agrigento questo vorrà dire solo una cosa: diciotto mesi di campagna elettorale. Se già gli ultimi anni sono stati caratterizzati dal totale abbandono della città da parte della classe politica, da qui al maggio 2020 si penserà soltanto all’incasso politico ed a nulla più.

Ma, rispetto al 2015, i politici che si confronteranno con la città troveranno una Agrigento radicalmente cambiata. C’è una città che cammina a fari spenti, che risente delle difficoltà demografiche e sociali del resto dell’isola, con un’economia quasi del tutto bloccata e ferma e con sempre meno isole felici. C’è una città disillusa, non più predisposta ad ascoltare promesse e buoni propositi come un tempo. Da queste parti lo stato di necessità si è trasformato in emigrazione o rassegnazione.

Quelle “grandi manovre” che si intravedono all’orizzonte, rischiano di essere una mera danza tra le macerie. Agrigento si appresta a vivere sotto un vento che per diciotto mesi è destinato a soffiare sulla città ed a rimescolare tante carte, ma alla fine a smuoversi concretamente potrebbe essere al massimo solo un po’ di polvere. Ci si prepari dunque ad un anno e mezzo di campagna elettorale. Ma questa volta, il destino della politica appare quello di parlare senza più interlocutori tra i cittadini. Questi ultimi sembrano oramai aver ben compreso che nessuno, ad oggi, può permettersi di promettere ciò che in passato ha provato a dare. E chi è in politica da tanti anni questo dovrebbe comprenderlo: forse, piuttosto che mescolare ancora le carte, sarebbe bene semplicemente farsi da parte.

Mauro Indelicato – InfoAgrigento.it

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