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Cultura

Porto Empedocle “Nazareno Spinelli. Ars Rustica”: mostra alla “Torre Carlo V”

Presso i locali della cinquecentesca Torre di Carlo V di Porto Empedocle (Ag), il 1 marzo 2019, alle ore 18.00, si inaugurerà la mostra di scultura, prodotta da Mariterra e curata da Luca La Porta, dal titolo: Nazareno Spinelli. Ars Rustica.

Le sculture del maestro Nazareno Spinelli, originario di Cammarata (Ag), sono fatte per essere sentite e “divorate” dal pubblico piuttosto che spiegate concettualmente: infatti in esse si coglie la natura complessa e “babelica”, ovvero irrazionale e fantastica, del linguaggio dell’arte naïve, che, con la sua essenziale sintassi visiva, riesce ad arrivare diretto allo spettatore.

Sebbene il termine naïf si sia imposto come sinonimo di ingenuo e rozzo per indicare, in modo sprezzante, tanto l’arte dei dilettanti quanto l’arte dell’uomo semi-colto, oggi esso, invece, identifica quell’arte che nasce da una necessità interiore (A. Mantovani), esercitata da chi, come Spinelli, ha deciso di scolpire da autodidatta, spinto dall’impulso a creare forme nuove, piene di vita. Secondo Oto Bihalji Merin, i pittori naïfs non rappresentano il mondo in modo realistico o ideale, bensì in modo personale e soggettivo.

Spinelli è un artista visionario che mescola in modo personale una certa dose di naturalismo con elementi primitivi: pertanto l’attenzione lenticolare per i dettagli, che siano le rughe di un viso o il vello dell’Agnus Dei, coesiste con una durezza espressiva arcaizzante; le forme lineari prevalgono su quelle plastiche e un unico punto di vista frontale s’impone sugli altri, come si evidenzia nella serie delle erme: ne deriva l’impressione di una rustica grazia.
Nella sua produzione è inoltre possibile individuare iconografie ben precise che ritroviamo diffusamente: le figure zoomorfe testimoniano un’attenzione curiosa per la vita degli animali; i volti, le erme, i ritratti e le maschere antropomorfe, liberati dalla pietra dallo scalpello dello scultore, rappresentano con ogni probabilità dei tramiti tra la realtà e il soprannaturale; più rari sono i nudi femminili, le Veneri, di piccolo formato e dai volumi stilizzati, personificazioni della Madre Terra mediterranea.

In particolare, la capacità di Spinelli di scorgere dei volti o delle figure nella pietra o nel legno e di aiutarli a venire fuori, rintracciabile in artisti outsider come il saccense Filippo Bentivegna (E. Di Stefano), rimanda ad una concezione magico-animistica, o piuttosto ilozoistica, della natura, secondo la quale – per dirla con le parole del filosofo greco Talete – “tutto è pieno di dei”. Un sostrato animistico, infatti, come ha dimostrato Giuseppe Pitrè, sopravvive nel folklore della Sicilia rurale, essendo un retaggio ancestrale del paganesimo dei sicani, l’antico popolo che viveva nell’entroterra dell’isola, prima dell’arrivo dei coloni greci.
Ciò che Spinelli scolpisce è ciò che inconsapevolmente concepisce e riproduce in modo istintivo, a volte persino caricaturale: un busto virile sormontato da un esagerato testone, che ricorda i ritratti tardoantichi per il suo “espressionismo”, reca provocatoriamente il titolo “testus”!

Non essendo influenzato da nessuna scelta esterna, da nessuna committenza, da nessuna imposizione sociale, da nessuna corrente, da nessun canone, Spinelli si esprime con un linguaggio artistico soggettivo, spontaneo, selvaggio, che non ha nessuna genealogia: la sua arte è infatti un’espressione libera, nel pensiero, così come nelle forme e nell’esecuzione.

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