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Pronto Soccorso di Agrigento: il “nuovo” primario rinuncia? Una gestione aziendale allo sbando

Un incarico di circa 24 ore. Tanto pare sarebbe durata l’esperienza al pronto soccorso dell’Ospedale “San Giovanni di Dio” del nuovo primario Giuseppe Spallino, trasferito momentaneamente dall’area emergenza del nosocomio riberese “Fratelli Parlapiano”.

Un ennesimo colpo di scena che – oramai senza ombra di dubbio – mette in risalto crisi ed emergenze già evidenziate il giorno dopo le dimissioni del primario uscente, il dott. Sergio Vaccaro. Quest’ultimo dopo avere “rassegnato le proprie dimissioni per giusta causa” lamentando inadempienze contrattuali e gravi rischi clinici derivanti dalla carenza di personale dirigenziale medico a tutela della salute pubblica, ha avuto il merito – per oltre un anno e mezzo – di “reggere” un’intera area emergenziale con tutte le difficoltà più volte dallo stesso denunciate.

Ora un nuovo capitolo si aggiunge ad una situazione che vede i vertici dirigenziali dell’Azienda Sanitaria di Agrigento presunti responsabili di un ennesimo fallimento. Sì, perché se il commissario dell’Asp Mario Zappia in un primo momento pare abbia addebitato parte della crisi nell’area emergenza dell’ospedale “San Giovanni di Dio” al suo (ex) primario, reo di non avere le giuste capacità manageriali, poco dopo ha esaltato le caratteristiche del dott. Spallino. Avrebbe dovuto essere lui il “salvatore della Patria”, colui che avrebbe dovuto – probabilmente secondo la logica dei vertici aziendali – mettere in risalto le presunte incapacità gestionali del dott. Vaccaro. Ed invece cosa accade? Lo stesso Spallino – sembrerebbe dopo essere stato assegnato al pronto soccorso del nosocomio di Agrigento nonostante una sua preventiva indisponibilità –  pare rinunci all’incarico.

Solo poche settimane addietro l’ispezione dei Carabinieri del Nas ad evidenziare lacune e una gestione lasciata allo sbando. A poco sono valse le denunce ai vertici aziendali del dott. Vaccaro che, invece di essere attenzionate e risolte, sono state solo pretesto per vederlo come un “nemico” da annientare. Come se il bene primario non fosse quello dell’ammalato e dei suoi bisogni, ma quello di “tacere” per nascondere la polvere sotto il tappeto.

Al momento non è dato sapere le motivazioni che hanno spinto il dott. Spallino alla (preannunciata?) rinuncia, ma quello che si può immaginare è che dai palazzi del Viale della Vittoria la cosa sta assumendo i contorni di una storia “pirandelliana”.

La domanda, oggi, sorge spontanea: incapacità manageriale di uno stimato professionista, o piuttosto incompetenze dei vertici aziendali dell’Asp? Qualcuno direbbe: “San Calò in manu ai carusi”.  E a farne le spese i tanti, tantissimi ammalati bisognosi di cure e assistenza.

Ai posteri l’ardua sentenza.

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